Architetto e pensatore, Italo Rota ha elaborato una visione avanzata del suo lavoro e del rapporto che l'atto del costruire instaura con l'ambiente, gli esseri viventi e i fenomeni naturali
L'architetto Italo Rota, nel suo nuovo libro Una storia elettrica (Quodlibet, 2014), si definisce un essere ruderale, una persona che vive tra i ruderi. Un animale sinantropo o sinantropico "che vive negli stessi territori in cui sono insediati gli umani, senza vincoli di dipendenza diretta tra loro". Rota ha lavorato e lavora a progetti di grande spessore internazionale, che spaziano1 dal product design a opere come la costruzione di chiese, del tempio in India dedicato al dio Hanuman, al padiglione Città d'Acqua all'Expo di Saragozza, al Museo del Novecento di Milano e molto altro ancora. Rifacendosi al concetto coniato dal poeta statunitense William Carlos Williams "no ideas, but in things" nel suo celebre poema Paterson, Rota stipula, con se stesso prima di tutto, un patto comune sociale, urbano architettonico ed emotivo. Considerando la biodiversità come un elemento imprescindibile nella costruzione dei suoi progetti, analizza il metabolismo degli esseri viventi siano essi umani, animali o vegetali. Da questa sua osservazione coniuga energia, bellezza, creatività, scienza, e produttività, tenendo sempre in primo piano l'uomo e l'intero pianeta.
Nel suo libro lei accenna a uno scritto di Filippo Marinetti apparso su Le Figaro del 1909. Mi spiega come si fa sostenere che non vi sia nulla di più bello di una grande centrale elettrica?
Il discorso è quello di inizio secolo sul futurismo e Marinetti vedeva in queste grandi macchine la nuova era che arrivava e che gli uomini stavano attuando sul pianeta. Questa macchina produceva qualche cosa di invisibile che a sua volta si trasformava in energia invisibile che poteva essere trasportata, al contrario dell'energia prodotta dalle macchine a vapore. E questo creava un grande immaginario. In tutto questo Marinetti trovava anche un'energia autonoma e un'estetica. Oggi la bellezza delle centrali deve cambiare soprattutto perché sono accaduti alcuni fatti. Dagli anni quaranta in poi queste opere non sono più state realizzate da persone che avevano in mente cosa avrebbe potuto essere questa immensa massa di costrutto nel paesaggio. È seguita una lunga fase di decadenza. Attualmente le macchine si sono differenziate molto nel tipo di materia che usano per produrre, dal carbone, al petrolio all`uranio al solare e quindi abbiamo un vasto spettro di possibilità, occupano enormi superfici e possono essere costruite nel deserto. E quindi l'impatto con la natura è completamente mutato e questa è un`occasione per aggiustare il territorio con altri parametri e un'altra estetica.
Perché il Kuwait, con cui lei lavora, sta investendo parecchio nell'ambito dell'energia elettrica?
Perché sanno che non si può continuare a usare il petrolio e altre sostanze tossiche e perché queste sostanze si stanno esaurendo, non certo il carbone che rimane la prima sorgente. Pensiamo alla Germania che produce tutta la sua energia con il carbone, a differenza di quanto si pensa. Poi non bisogna dimenticare che chi dominerà queste tecnologie controllerà un grande business. La tecnologia del futuro sull'energia sarà quella improntata al risparmio. L'energia è frutto di un ciclo complesso che è fatto di produzione e di distribuzione con tante tariffe. Gran parte dei prezzi che oggi sono tasse diventeranno servizi. Il miglior sistema sarebbe quello di risparmiare energia: basterebbe che ogni famiglia prima di andare a dormire spegnesse tutti i led che lascia accesi così da non dover più costruire nuove centrali.
Come si fa a ottenere energia a basso costo?
Bisogna tenere conto di tantissimi fattori. Per quanto concerne la produzione industriale guarderei solamente al rapporto quantitàprezzo e alle sue variabili. Se sono un cittadino e una comunità tengo conto anche di come viene prodotta l'energia perché questo fa parte del giudizio generale che si ha sul mondo e di come la collettività partecipa per conservare e migliorare il pianeta. Quindi sono punti di vista molto diversi perciò è molto difficile rispondere a questa domanda. Basta pensare che oggi un utente di Lugano consuma energia che può arrivare dall'Ucraina o dalla Turchia: tutto dipende dalla rete che sta distribuendo l'energia. Il problema è globale. Magari si sta producendo energia a soli 100 chilometri dalla casa dell`utente che però sta consumando energia che giunge da tutt'altra parte.
L'antropocene è l'epoca in cui gli uomini hanno avuto un ruolo decisivo sui cambiamenti climatici. Si può parlare di delirio d`onnipotenza dell'uomo sul pianeta?
La definizione di antropocene è una realtà fisica, nel senso che le attività umane producono una tale energia da avere delle relazioni distruttive e di mutazioni non solo col mondo detto vivente, le piante e gli animali, ma anche con la geologia che viene anch`essa considerata un essere vivente. Quando si osserva uno tsunami non si può che dire che è un essere vivente: si sposta, si muove, crea mutamenti profondi, come anche gli effetti dei vulcani. Quindi siamo in una logica di visione del pianeta nuova. Mi sembra che gli umani, nel loro insieme, hanno intrapreso una consapevolezza, comportandosi in un certo modo e altri sanno che lo dovranno fare. E se cominciamo a parlare di queste cose positivamente acceleriamo il processo di coloro che devono decidere come comportarsi. Un altro problema è di natura filosofica. Il mio punto di vista è che apparteniamo alla natura che non si occupa degli umani ma della vita sul pianeta, e la vita può avere benissimo milioni di forme viventi meravigliose senza per forza prevedere l`esistenza degli umani.
Che valenza ha per lei l'invisibile?
Il mondo invisibile per me è molto semplice. È l'estensione della nostra mente. L'architettura è diventata espressione della nostra mente. Per esempio, la nostra intelligenza è diventata molto emotiva. I nostri pensieri contengono un livello emotivo molto elevato che si traduce in azioni, nella scienza stessa. Questo è un parametro con sui si creano nuovi spazi. Negli ultimi anni ho sempre cercato di preparare una situazione prima dell`arrivo di un'idea che è un derivato di altre situazioni anche perché oggi dobbiamo risolvere problemi che necessitano di architettura per essere affrontati senza costruire. Potremmo avere molte cose riusando le situazione e cambiando l'approccio creativo per arrivare alla costruzione e soprattutto non utilizzare i terreni vuoti. Il mondo è così piccolo che dobbiamo aumentare il vuoto e non il pieno.
Quindi è più propenso a valutare gli edifici esistenti piuttosto che raderli al suolo?
Siamo in un momento di difficoltà che si somma alla paure nella ricerca di nuove soluzioni. C'è ancora questa idea di creare un paesaggio con l'incertezza sul passato recente, che era composto anche di un passato molto tipico, reso tale dall'architettura. Poi c'è anche una considerazione drammatica sulla natura che è molto artificiale ed è gestita dagli umani. Per mantenere un equilibrio tra natura, territorio e architettura è necessario tenere presente i fattori che sono disequilibrati nelle varie realtà, ma si può arrivare alla somma finale che è equivalente. Milano è una città ottima per 30 parametri e poi ha un parametro terribile che è l'aria. Quindi ha sistemato molte cose tranne l'aria. Per risolverlo le persone hanno modificato i loro comportamenti, introducendo modifiche significative. Milano è un esempio in cui i cittadini senza fare movimento o istituire organizzazioni hanno individualmente fornito il loro contributo al di fuori dell'amministrazione che si è vista costretta a seguire i cittadini.
Conta di più il compromesso o la scelta?
Per me conta di più dire tanti no che tanti sì. Altri pensano di possedere i mezzi e ritengono che, a livello architettonico, a qualunque domanda sia possibile fornire una risposta perché vivono un rapporto orgasmico con il costruire. Se la mattina non fanno un buco e ci colano del cemento e dei mattoni la loro vita è un fallimento. Dipende ancora una volta dagli individui, anche il più piccolo contributo è importante. Cerco ogni volta di sedermi attorno a un tavolo con tutti gli altri esseri viventi, i vegetali, gli animali e l'ambiente. Mettersi attorno a un tavolo significa firmare un contratto che sia a termine. Se concepisco un edifico che ha una destinazione particolare, terminato quell'uso dovrebbe già contenere le risorse per essere demolito.
note
1 Museo del Novecento di Milano, il Foro italico di Palermo, l'illuminazione di Notre Dame e del lungo Senna a Parigi. La centrale a carbone di ultima generazione (saline foniche), il Parco eolico di San Giusto, il padiglione Kuwait a Expo, e alle mostre sulla costruzione di centrali elettriche.