Recensioni / Il cimitero ebraico in Italia

Esiste una data, non solamente simbolica, che ricopre un peso per molte vicende connesse agli ebrei vissuti in Italia. Essa rivela concretamente un prima e un dopo, oltre il quale l’architettura diviene una chiave d’accesso per l’analisi del denso impasto di figurazioni culturali, universi simbolici e retoriche che sono alla base della nuova identità ebraica scaturita da un non semplice processo emancipatorio. L’uguaglianza dei diritti politici e civili degli ebrei, infatti, introdotta in Italia sull’onda delle riforme illuministiche, giacobine, napoleoniche, e decisamente avviata con gli statuti del 1848, ha definitivo riconoscimento su tutta la penisola alla proclamazione del Regno d’Italia: il 17 marzo 1861. Il libro di Andrea Morpurgo parte proprio da questo interrogativo: come la fine delle interdizioni ebraiche riverberi i suoi effetti sulle città dei morti. Il volume concorre a descrivere sinteticamente le differenze tra il «prima» e il «dopo»: tra i campi extra murari, che nei secoli contraddistinguono i luoghi di sepoltura ebraici negli Stati italiani, e quegli spazi invece ove, dopo l’Unità, si tenta di definire un appropriato stile capace di esprimere la nuova identità giudaica. Ma il lavoro di Morpurgo mostra altresì come la ricerca di un non ben precisato e ambiguo stile giudaico interessi in modo forse più pronunciato le sinagoghe. Larga parte del libro delinea un atlante delle presenze ebraiche attraverso il prisma dei cimiteri. I processi di formazione e trasformazione di questi specifici luoghi sono osservati, nelle diverse città italiane, su una scansione cronologica ampia. I capitoli sono pensati per fornire un quadro generale, e costituiscono una prima utile messa a punto di fonti diverse e delle più recenti acquisizioni sui luoghi di sepoltura degli ebrei. A chiudere il volume, un affondo sul progetto dei sepolcri e sul modificarsi delle ritualità funebri dopo l’Unità italiana. Questo è il piano dell’opera, frutto della scelta di applicare metodologie note per privilegiare la sistematicità su un tema poco esplorato. Lette singolarmente, le storie di ciascun cimitero possono apparire in qualche modo lineari, senza quelle contraddizioni, incongruità, discrepanze che spesso l’incrocio di fonti fa emergere. Tuttavia, provando a scorrere trasversalmente le pagine, affiorano paradossi che potrebbero stimolare nuove ricerche. S’invoca uno stile giudaico che restituisca un’identità riconoscibile alle comunità ebraiche eppure molte famiglie non esitano ad adottare per le loro tombe espliciti modelli e ritualità funebri cattoliche. A dispetto del precetto che impone ai terreni adibiti a cimiteri la non riconversione ad altre destinazioni, inoltre, la storia degli spazi di sepoltura ebraici è storia fatta di mobilità, adattamenti, continue negoziazioni. Tutti indizi, spiragli, segnali che opponendosi al paradigma storiografico più consueto di un mondo ebraico e di uno cristiano come due realtà separate, mette invece l’accento sul confronto e sugli scambi – in un quotidiano non certo privo di conflittualità – in linea con le più recenti interpretazioni storiografiche come quelle proposte da Marina Caffiero.