Scheletri illustri e sacri pezzi genitali in libera uscita, ciocche e residui cerebrali che si perdono tra le maglie del tempo e delle Storia. Sono i protagonisti di un delizioso e mortifero libro scritto da Antonio Castronuovo, Ossa, cervelli, mummie e capelli, pubblicato da Quodlibet con uno spiccato gusto del funereo. Tra le sue pagine si scoprono che fine ha fatto il pene di Napoleone, quanta cura sia stata riservata al cervello di Albert Einstein, quali direzioni ha preso il dito medio di Galileo Galilei.
Castronuovo, il suo Ossa, cervelli, mummie e capelli racconta dieci storie di reliquie profane a dir poco curiose, piene di dettagli stravaganti con collezionisti disposti a tutto pur di accaparrarsi un pezzettino del loro idolo. Qual è la reliquia più singolare, la più esemplificativa, a suo avviso?
Credo che il libro racconti dieci storie tutte singolari. E quel che ho voluto fare è proprio raccontare, non inseguire alcun significato, alcuna morale, semplicemente narrare storie insolite e bizzarre. Ne è sfociato un libro impertinente, nel senso che è poco pertinente alla linea della comune editoria, forse anche un po’ strambo. In ogni caso, se devo fare una scelta tra le reliquie narrate, promuovo la storia del cervello di Einstein, che ha dei tratti quasi sconcertanti: appropriarsi di quel cervello durante l’autopsia, fotografarlo e farlo poi a fette, è qualcosa di incredibile. Una storia che arriva fino ad oggi, quando con pochi euro possiamo acquistare una app con 350 foto di quel cervello, e guardarcele sul nostro smartphone.
Leggendo il libro ci si accorge di quanto variegato sia l’animo umano. Lo vediamo nelle motivazioni che hanno portato alla proliferazione delle reliquie profane e nelle odissee delle quali quest’ultime sono protagoniste. Qual è il personaggio che l’ha maggiormente colpito in tal senso?
Certamente Cartesio: la vicenda delle sue ossa, dopo la morte a Stoccolma nel 1650, è quanto mai intricata. Anni dopo la Francia chiese alla Svezia il trasferimento dei resti del filosofo a Parigi: da quel momento inizia un viaggio di quelle ossa attraverso l’Europa che ha dell’incredibile. Il lettore che leggerà il capitolo dedicato a Cartesio, dovrà farlo con le antenne dell’attenzione ben alzate.
Un aspetto interessante riguarda l’esposizione di queste reliquie profane. Nella maggior parte dei casi prevale il collezionismo – le vite dei possessori di queste reliquie sono appassionanti in tal senso – e c’è un uso prettamente privato delle spoglie. A cosa si deve?
Le reliquie che ho narrato nel libro sorgono per varie ragioni. Uno dei meccanismi di genesi è l’appropriazione durante le autopsie e le riesumazioni: il cranio di Cartesio, il pene di Napoleone, il dito medio di Galileo e il cervello di Einstein provengono da sparizioni messe in atto in quei momenti topici. A volte agisce la molla della venerazione, come nel caso della mummia di Lenin o le ciocche dei capelli di Beethoven. E infine non manca la causale della volontà: la mummia del filosofo Jeremy Bentham è lì, a Londra, per volontà testamentaria del morto. A parte le ragioni per le quali una reliquia profana si forma, l’uso che ne viene fatto è spesso quello della collezione privata, ma non manca l’esposizione pubblica. Come avviene nel caso delle due mummie qui narrate: Lenin e Bentham.
In questo ultimo caso, soprattutto nel caso di Lenin, siamo di fronte a reliquie profane che sono venerate al pari di quelle sacre. Perché assistiamo a questi fenomeni?
Come detto, la venerazione o l’idolatria sono ragioni efficaci che possono indurre a creare una reliquia profana. La mummia di Lenin ne è un buon esempio: il corpo del fondatore del comunismo fu conservato per venerazione della sua dottrina e della sua figura. Per arrivare a venerare una reliquia profana è necessario che il corpo da cui proviene appartenga a una figura che abbia realizzato qualcosa di grande. Altrimenti viene meno la carica di venerazione.
Quando si affronta un argomento come quello delle reliquie la beffa e l’impostura sono dietro l’angolo.
Devo confessare che la beffa non ha spazio nelle vicende dei pezzi che ho voluto raccontare. Forse in qualche caso gioca l’impostura, nel senso che il pezzo non è davvero ascrivibile con certezza al personaggio cui è assegnato. Si hanno ad esempio dubbi sull’autenticità del cranio di Mozart, ma per il resto direi che i pezzi narrati hanno un buon pedigree. L’impostura circola di più nel mondo delle reliquie sacre e dei loro troppi doppioni. Ma anche in questo caso sarei cauto nel giudizio: non sono certo che si sia trattato di un imbroglio ponderato.
Tra cento anni ci saranno ancora cacciatori di reliquie o è un fenomeno destinato ad esaurirsi?
Ci sarà sempre qualcuno che conquisterà la fama, e quel qualcuno non potrà essere certo che, dopo la scomparsa, un suo pezzo non finisca in una qualche collezione. Un solo esempio: Jimi Hendrix morì in Europa nel 1970 e le sue spoglie furono riportate negli Stati Uniti e lì sepolte. Bene: chi ci assicura che tutto sia stato seppellito? Tra venti, trent’anni potrebbe sbucare da qualche parte un suo dente, una falange. Quello delle reliquie profane è un fenomeno destinato a sparire? Non ci metterei la mano sul fuoco.