Recensioni / Absolutely Nothing

Questo volume si presenta ai nostri occhi come un libro di viaggio corredato da foto. Una serie di soglie testuali e paratestuali, però, mette in dubbio questa ipotesi. Le fotografie sono poste in appendice, mentre pochissime si incastonano nel testo. In secondo luogo, i capitoli seguono sì una numerazione crescente, ma le date poste a sottotitolo non hanno un ordine cronologico come a suggerirci una discrasia tra il tempo del viaggio e il tempo del racconto. Infine, il libro si apre con il resoconto di un sogno, quasi Vasta ci volesse mettere direttamente in guardia su ciò che leggeremo da qui in avanti: non tanto in viaggio fisico, quanto una riflessione su un immaginario, in cui "le persone si fanno personaggi" e obbediscono a una "scrittura che soprattutto suppone, finge, si arrangia, mente". Absolutely nothing è una sorta di itinerarium mentis in nihilo, un viaggio della mente nel nulla. Vasta si muove non tanto cercando luoghi, non tanto descrivendoli, ma provando a vedere in che modo la sua testa, la sua cultura, il suo sapere interferiscono con quel deserto.
L’operazione è interessante perché questa ri-costruzione immaginativa non avviene "visitando" un luogo neutro, ma gli Stati Uniti. Grazie al loro cinema, alla musica e alla letteratura, gli States sono un luogo profondamente connotato dal punto di vista dell’immaginario: ogni spazio è stato teatro di set cinematografici, o è stato cantato o raccontato in un romanzo. Gli Stati Uniti sono la terra dove l’epica e il racconto di se stessi è connaturato nella conversazione; epico è il modo in cui una donna decide di dare vita a un cimitero degli aeroplani, epico è il sentimento che si respira camminando per le insegne dismesse dei casinò a Las Vegas. Vasta sente per l’intero viaggio e per le successive fasi di scrittura un’attrazione profonda per questi luoghi abbandonati: ne sente la bellezza. Il motore di questo libro sta in questo stupore. Sono pagine che raccontano la bellezza dentro il disastro, dentro il vuoto e il nulla; come quando, contemplando un lago salato, l’autore dice: "Se anche questo lago è l’effetto di un disastro, è lo stesso magnifico". Silvia, la sua interlocutrice, guarda l’autore e dice: "Credo [questo] che dipenda da te [...]. Da come funziona la tua immaginazione". Absolutely nothing, però, non si limita a essere resoconto "immaginario" di un viaggio. Per dirla con Gozzano, Vasta ha intrapreso un "viaggio per fuggire un altro viaggio", scoprendo che il cercare e il desiderare il vuoto fisico non leniscono l’abbandono e la mancanza. Nelle sue pagine finali, diventa il ritratto della generazione dei nati negli anni ‘70, e l’assoluto niente – che campeggia nel titolo – altro non è che il nostro corpo.

Recensioni correlate