Recensioni / La democrazia dell'umorismo involontario

Se è vero che oggi scrivere sembra essere una delle attività più comuni e inflazionate, non deve essere affatto semplice redigere un testo originale, innovativo, che vada a colmare un vuoto editoriale e sia anche piacevole da leggere. Paolo Albani ci è riuscito con Umorismo involontario, un’opera piacevole che annovera al suo interno un esaustivo elenco di autori e situazioni involontariamente umoristiche, ed è stata pubblicata da Quodlibet. Bisogna prima di tutto dire che ridere non è facile e far ridere lo è ancora di meno: eppure a volte capita di suscitare il riso senza accorgercene, divenendo noi stessi i primi attori della gag che abbiamo inscenato non volendo. Una caduta accidentale e priva di conseguenze sul fisico, la sbagliata pronuncia di una parola, un lapsus, un refuso in un testo che si scrive e, accorgendocene, cominciamo a divertirci, forse anche arriviamo a raccontare agli altri la nostra disavventura per svagare anche loro. Ebbene Paolo Albani, all’interno del suo volume Umorismo involontario, annovera in rigoroso ordine alfabetico, una gamma completa di gaffe, strafalcioni, errori, non-sense e chi più ne ha più ne metta, scaturiti dalla fervida immaginazione del caso o della distrazione e che hanno finito per coinvolgere persone comuni, grandi scrittori, professori, politici, personaggi televisivi. Questo libro insomma, in cui a dire la verità si ride dall’inizio alla fine, ospita ogni sorta di umoristi involontari che tuttavia non vengono guardati con distacco e superiorità, né giudicati e messi in ridicolo, ma piuttosto raccontati in tono benevolo, quel tono insomma di chi è grato per aver sorriso, persino riso, in maniera inaspettata e dunque preziosa. La sbadataggine, l’ignoranza, a volte lo scarso acume, lontani da essere considerati difetti, divengono in questo volume gli strumenti, i mezzi per indurre il buonumore e, a volte, per spiegare degli imperdonabili svarioni: «Al termine del suo saggio sugli “spropositi” Scarlatti cita le improprietà e le imbecillità del linguaggio divenute d’uso corrente […]; così ad esempio d’una ragazza non bella, ma che tuttavia possiede la ricchezza della gioventù, si dice che ha “la bellezza dell’asino”, errore di traduzione del francese “la beauté de l’âge”; la parola “âge, pronunciata “as” in Piemonte, è diventata “aso”, cioè “asino”» (Paolo Albani, Umorismo involontario, p.224-225). Talora l’assurdità di certi testi diviene persino la fonte d’ispirazione di grandi opere letterarie, come nel caso di Ionesco che decide di scrivere La cantatrice calva, dopo aver letto un manuale di conversazione per apprendere l’inglese, involontariamente comico per l’estrema ovvietà delle situazioni proposte. Del resto, ci ricorda Paolo Albani, l’umorismo involontario, oltre che «profondamente umano», è «“democratico”, dato che può colpire implacabilmente qualsiasi individuo, in modo indistinto (è sufficiente una piccola distrazione), tanto che non è azzardato supporre che, una o più volte nella vita, tutti ne siamo rimasti vittime» (Premessa in Umorismo involontario, p. 13). Non prendiamoci troppo sul serio, quindi, tanto capita a tutti! – sembra dirci l’autore che scandaglia senza pietà testi in “burocratese”, cartelli pubblicitari, discorsi politici, testamenti, romanzi classici e contemporanei, difetti di pronuncia e molto altro ancora, alla ricerca di umoristi sotto mentite spoglie, talmente ben nascosti da non rendersi nemmeno conto di quanto involontariamente divengano divertenti. E così dalle “frasi matte” alle “italianizzazioni fasciste”, dalla Piquiponada allo Spoonerismo, passando per la Sintassi ingannevole, Paolo Albani ci solleva l’animo dalla pesantezza dei giorni in un succedersi esilarante di esempi che ci parla, tra le righe anche di un mondo che cambia, ma che pure è sempre uguale nella spontaneità delle gaffe. Soprattutto l’autore ci dimostra con la leggerezza del sorriso che con un accurato metodo di ricerca non si rischia di tralasciare nessun ambito e si può redigere un testo valido, perché, se per diventare dei bravi umoristi involontari bastano pochi istanti di distrazione, per essere scrittori occorre tempo e fatica. E infine una recensione come questa, su una rivista di critica letteraria, non può che concludersi con un riferimento all’umorismo involontario dei giudizi di lettura, tra cui ne riportiamo uno quanto mai eclatante e gustoso: «Nel 1856 viene rifiutata la pubblicazione di Madame Bovary di Gustave Flaubert con questa lettera: “Signore, avete seppellito il vostro romanzo in un cumulo di dettagli che sono ben designati ma del tutto superflui”» (Umorismo involontario, p. 84). Anche i critici letterari spesso – ben lo dimostra Paolo Albani nella sezione dedicata del suo volume - riescono ad essere involontariamente comici!