Il prossimo dieci gennaio Gianni Celati compirà ottant’anni e L’Orma promette un libretto con inediti, mentre Quodlibet ristampa le Quattro novelle sulle apparenze, uscite per la prima volta da Feltrinelli nel 1987 e comunque comprese nel Meridiano curato da Marco Belpoliti. Le apparenze riguardano il modo (e il mondo) in cui viviamo, sicché i personaggi di questi racconti cercano disperatamente e anche un po’ ossessivamente di vivere in maniera diversa, forse per essere, una volta tanto, autentici, almeno con se stessi. Baratto, professore di ginnastica, si chiude in un silenzio (sapremo poi) terapeutico, isolandosi dalla propria famiglia (in realtà una moglie, che poi lo abbandona) e smettendo persino di parlare con i suoi alunni. Si chiede il preside della sua scuola se si può insegnare senza usare le parole. Baratto attraversa situazioni diverse e riesce poi a costruirsi una vita di relazioni che meglio gli aggradano. Ma il racconto non si può tanto riassumere, perché il silenzio non è riassumibile. Dunque bisogna leggerlo. E a proposito del leggere trovo ingegnoso il secondo racconto in cui uno studente e una sua giovane amica cercano di vendere libri (enciclopedie) come ratealisti, ma lui ha il torto di leggerli i libri. Un ingegnere che dirige l’agenzia intima loro di non leggere nulla, perché chi legge libri non li può vendere. E per converso chi li vende non li legge. È il trionfo, amaro, del mercato.