Recensioni / Il nuovo libro-capolavoro sulla "divina" Maria Callas

Quanti libri sono stati scritti su Maria Callas? Migliaia, in tutto il mondo. Tante volte insoddisfacenti, però, sintonizzandosi o su particolari biografici al limite del pettegolezzo, oppure su un`autentica agiografia canora, la quale ben si è attagliata ai gusti prevalenti dei melomani, spesse volte unicamente desiderosi di conferme del proprio culto ossessivo di vedovi inconsolabili. Segnaliamo dunque con entusiasmo un libro appena edito da Quodlibet, che di memorialistica spicciola e genuflessioni adoranti non sa che farsi, e che invece analizza in ogni possibile sfaccettatura l’arte suprema del soprano con dettaglio analitico, storico e culturale esemplare: Mille e una Callas. Voci e studi, a cura di Luca Aversano e Jacopo Pellegrini. 640 pagine, 36 saggi, un’ampia prefazione, bibliografia e indice analitico, il libro offre una silloge critica che scruta il fenomeno-Callas da varie prospettive, con il contributo dei migliori studiosi d’Italia.
Ci sono più modi per "entrare" nella lettura del volume, essendone la struttura modulata per sezioni autonome, in un prisma di approcci i più vari, che condividono però tutti il criterio fondante della scientificità. Così, si potrà optare per l’anatomia vocale con il saggio di Marco Beghelli dedicato tra l’altro al miracolo delle differenze timbriche nell’estensione della cantante, vedendone antecedenti storici nella tradizione ottocentesca. Oppure, si potrà partire con il saggio del più originale studioso di drammaturgia musicale italiano, Emilio Sala, che illustra con copia di esempi la reinvenzione della protagonista della Lucia di Lammermoor, cui la Callas giunse dopo attento studio della partitura nelle sue varianti, conclu-dendo che "quello che ci ha lasciato Maria Callas, passando in così breve tempo dall’ossessione tenebrosa (di stampo drammatico) al rapimento estatico (di stampo leggero) è che Lucia è un personaggio doppio: sia un’orfana e ingenua vittima sacrificale sia una donna travolta dalla passione. Ecco allora che la doppia vocalità della Callas si presta perfettamente a esprimere questi personaggi schizomorfi, tipici del mélo popolare francese e del melodramma romantico italiano".
Si preferisce un taglio critico più centrato sulla recitazione, sul corpo e sul gesto? Ecco allora, tra gli altri, il saggio di Concetta Lo Iacono, che parla in modo assai convincente di "lirica della corporeità", non mancando di sottolineare il lavoro con Luchino Visconti che, nella Sonnambula, la fece muovere come una ballerina, "facendo finta di camminare su un raggio di luna", ottenendo così, proprio dal soprano che per eccellenza incarnava l’enormità del conflitto tragico, una levità eterea realizzata in forza di movimento scenico personalissimo, diresti "psicologizzato" nel tentativo (riuscito) di rendere plastica e vivente l’emozione pura della scrittura belliniana.
C’è chi ricorda la Callas anche come attrice cinematografica, naturalmente. Ed ecco allora, nel volume, saggi specifici dedicati al lavoro con Pier Paolo Pasolini per Medea, nel quale, secondo Stefania Parigi, la cantante-attrice diventa una figura della privazione su cui Pasolini proietta la propria consapevole crisi esistenziale, assumendo la natura immateriale di un`idea nei "misteri sacrali dell’esistenza".
Insomma, dalla brevissima campionatura sopra proposta si sarà capito che questo libro è quanto di meglio sia mai stato pubblicato sul tema, e verosimilmente tale resterà ancora per molti anni. Imperdibile.

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