Recensioni / Da Pasolini a Montale a Arbasino così divenne un mito letterario

Quando un artista diventa “mito”, si danno due possibili atteggiamenti. O quel mito lo si cavalca, impunemente, cancellando l’arte; oppure lo si “demistifica” – si diceva una volta – cogli strumenti della critica e della filologia. Spesso, ricoprendolo di polvere.
Sfida ardua, dunque, il gran libro che su Maria Callas hanno curato Luca Aversano e Jacopo Pellegrini (Mille e una Callas. Voci e studi, ed. Quodlibet, pp. 640, E 26): che trabocca di passione ma s`impronta, pure, al massimo rigore (si segnala la preziosa bibliografia ragionata offerta, in coda, da Pellegrini). Con ciò indicando una terza via. Studiare come si sia formato, quel mito, e cosa significhi: quale esigenza profonda colmi nell’immaginario collettivo.
Facendo dovuta parentesi delle raffinate analisi musicologiche, è dunque alla seconda parte del volume che ci si rivolge golosi. Qui troviamo i ricordi di testimoni illustri (come quello, purtroppo postumo, qui offerto da Paolo Poli; e poi Piero Tosi, Franca Valeri, William Weaver). E saggi su cinema (Stefania Parigi, per esempio, illustra la Medea cinematografica di Pasolini), letteratura, teatro, danza, moda, televisione (di grande interesse Giorgio Biancorosso sulla mitopoiesi del repertorio discografico): ovunque si registra un “a. C.” e un “d. C.” – dopo l’epifania della Callas, nulla più è stato lo stesso.
Assai nutrito il mito letterario. Decisiva, per l’«innesco» del primo romanzo di Alberto Arbasino, L’Anonimo lombardo, la Medea scaligera del ’53 (non manca, a suggello d’una lunga fedeltà, un memoir dello stesso Arbasino: al quale si deve pure il titolo del volume, parafrasi del grande Giorgio Vigolo). Ci sono, poi, le poesie dedicate alla Callas da Pasolini in Transumanar e organizzar: belle non si possono dire, ma fanno capire molto. In una si allude al “corpo separato” – vero trait d’union, forse, fra i due.
“Separato” il corpo della Callas, che sacrificò la propria voce alla riscoperta tramite una pubblicizzatissima dieta – del proprio fisico. Ma “separata”, dall’inizio, era pure quella voce impareggiabile, che nel “cielo” dei sovracuti cambiava timbro, rispetto agli inferi del registro basso.
E forse proprio a questa doppiezza da sirena si deve il culto feroce che da sempre alla Callas – vero mito camp – tributa l’universo gay (lo analizza Marco Emanuele). «Mai eguale a se stessa», la definì nel ’55 Montale: vera bellezza cangiante, come quella da lui tradotta da Hopkins, la sua luce oscura ha illuminato un secolo.

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