Recensioni / Céline, invettive per refusi e copertine

«Un rompicoglioni», diceva di se stesso Louis-Ferdinand Céline. E Lettere agli editori, in cui la Quodlibet ha raccolto, a cura di Martina Cardelli, 219 missive abrasive indirizzate dall’autore di Viaggio al termine della notte alle sue case editrici tra il 1931 e il 1961, lo conferma. Gallimard, Denoël, Monnier non lo assecondavano in quelle che erano le sue richieste (più diffusione, più pubblicità, più diritti d’autore)? Lui replicava con “apprezzamenti”: «frocio, maledetto ruffiano, pagliaccio, coglionazzo in capo, servo, parassita». E loro incassavano, perché consci di avere a che fare con un uomo con pessimo carattere, ma in ogni caso un grande scrittore. Céline, «maniaco del lavoro scrupoloso», non mancava di incenerire gli editori anche davanti a bozze con refusi, accenti sbagliati. A farlo infuriare erano inoltre le copertine scelte per i suoi libri: «Sobri Sobri Sobri – le stravaganze a casa, sotto le coperte». Aveva orrore per le fantasie, le strampalerie, che lui considerava piuttosto ammiccamenti, «sentimentalismi tipografici».
A Gallimard che non lo pubblicava nella “Pléiade”, si rivolgeva così: «Senza i miei sogni non sarebbe nessuno! né lei né la sua cricca di poveri dementi!». Invettive, fissazioni, paranoie, ironie, verità ma d’autore.

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