Recensioni / Le buste di Mimì

Italiaadozioni presenta il libro di Venanzio Raspa, professore associato di Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Urbino e papà adottivo, che ci racconta emozioni, ricordi e riflessioni di un’avventura che “non termina nel momento in cui una bambina ha trovato la sua famiglia”, ma che è “parte di una storia che non si è ancora conclusa, e che dura, come l’amore, tutta la vita.

Quando Mimì arrivò in Italia, aveva con sé quattro buste di plastica. Contenevano dei vestitini, un maglioncino di lana con i colori dell’Italia lavorato ai ferri, un topolino a corda, i disegni che le avevano regalato i bambini dell’ultimo istituto del quale era stata ospite, alcune foto – in realtà poche – di quando era piccola, un “Pinocchio” in bulgaro, una Bibbia cristiana per bambini priva della copertina, scritta in bulgaro e in inglese. Soprattutto contenevano i suoi segreti. Molte di quelle cose sono ora disperse per la casa, molte sono andate definitivamente smarrite, ma sotto la scrivania di Mimì ci sono ancora delle buste di plastica e delle scatole di cartone contenenti i suoi segreti di allora.

Fra le cose che ha condiviso c’era un piccolo carnet, dal quale Mimì ha staccato tutte le foto della sua infanzia ordinate cronologicamente. Il carnet è rimasto vuoto. Ogni tanto una foto emerge fra i ritagli di automobili, borse, vestiti e modelle quale memoria disfatta, fatta a pezzi e mescolata con altri pezzi di un mondo nuovo, nel quale lei cerca ancora di crearsi un’identità.

C’era anche un quaderno dalla copertina fucsia su cui si legge «ДОВДЛРГ “Щурче” г. Средец (Casa per la cura e l’educazione di bambini privi di cure genitoriali “Šturče” [Piccolo grillo] città di Sredets)». Il quaderno si apre con la poesia “Piccolo grillo”:

Sono un piccolo grillo e vi invito
come ospiti nella mia casa,
venite anche senza invito
e ascoltate la mia canzone.

Questo piccolo grillo vi ha invitati
come ospiti nella sua casa
e si è anche ripromesso
di diventare il vostro amico preferito.


La pagina successiva contiene, scritta in cirillico, la carta d’identità di Mimì, la data in cui è arrivata dalla Casa per le cure medico-sociali dei bambini di Burgas, il 9 ottobre 2006, e, in calce, la sua firma: l’impronta rossa scarlatta di una piccola mano sinistra. Il resto del quaderno ospita sei foto con didascalia, risalenti agli anni 2006-2010, anteriormente al trasferimento di Mimì presso la Casa per bambini privi di cure genitoriali “Yuri Gagarin” di Yambol, dove noi l’abbiamo incontrata.

Una foto del 2006 ritrae Mimì all’età di tre anni e cinque mesi: sembra grassottella, in realtà indossa vestiti troppo larghi per la sua esile corporatura. È il suo primo Natale alla “Šturče”. La foto di quando ha compiuto quattro anni non c’è più; Mimì l’ha tolta per ritagliarvi la sua testolina, che ha utilizzato per un lavoretto a scuola. Le abbiamo spiegato che quelle foto non sono ristampabili, che non ne abbiamo altre, ma non ha afferrato realmente la loro importanza. È rimasta invece la didascalia: «Mime, in questa fotografia celebro il tuo quarto compleanno. Tu eri molto felice di aver ricevuto gli utensili da cucina per le bambole». Nella pagina seguente c’è una piccola foto, probabilmente del 2007, in cui Mimì compare abbracciata a una giovane donna, forse una volontaria straniera. Subito dopo, una letterina augura Felice anno nuovo 2008 e annuncia una bambola come regalo. Nella pagina accanto si leggono gli auguri per Baba Marta: «Questo variopinto ornamento marzolino faccia sì che tu sia bianca e rossa e sempre luminosa». È un augurio che si fa il 1° marzo, quando in Bulgaria si comincia a portare la martenitza, un ornamento bianco e rosso, spesso dei fili intrecciati a formare un braccialetto, simbolo della primavera incipiente; lo si toglie dopo aver avvistato la prima cicogna. Successivamente agli auguri di Felice anno nuovo 2009, una foto, sempre del 2009, ritrae Mimì davanti a una torta il giorno del suo sesto compleanno. E sotto la scritta Felice anno nuovo 2010 Mimì sorride contenta accanto a un Babbo Natale che le ha appena donato una bambola. L’ultima foto è del 22 aprile 2010: Mimì indossa un vestitino rosso ed è appoggiata a una parete alla quale sono affissi manifesti con disegni di bambini. L’occasione è la partecipazione alla Giornata Internazionale del Pianeta Terra. Chiude la pagina una semplice frase di benvenuto, recante la data del 13 settembre 2010, quando Mimì ha lasciato la “Šturče” di Sredets e ha raggiunto la sua nuova destinazione a Yambol. «Benvenuta nella Casa per bambini privi di cure genitoriali “Y. Gagarin”».

Ogni tanto il quaderno fucsia ricompare da qualche parte in casa. Alle volte, quando facciamo un viaggio, Mimì lo porta con sé, ma non lo tratta bene: è tutto spiegazzato, anche se è prezioso. Un giorno quel quaderno potrà forse aiutarla a trovare delle risposte a delle domande che lei ha già formulato più di una volta: «Mamma… chi è la mia mamma?». «E il mio papà? Forse è morto».

Venticinque anni fa avevo iniziato a scrivere una storia per elaborare un lutto. Scrivevo di cose passate, nel vano tentativo di tenere ancora in vita chi non c’era più.

Anche adesso ho scritto di cose passate, ma nella speranza – che mi auguro non sia vana – di offrire una possibilità di vita dignitosa a chi tale possibilità è stata in gran parte negata.

Già altri hanno scritto storie di adozione, io l’ho fatto perché mi è stato chiesto, per riflettere e per condividere. Essendo coinvolto in prima persona, la scrittura non è stata contemporanea, ma successiva alla storia. Non è stata però nemmeno un mero ricordo, perché, mentre scrivevo, la pratica di adozione era in corso, non si era ancora conclusa. La scrittura è quindi successiva ai singoli fatti di cui scrivo, ma è pienamente immersa nella storia. Essa è pertanto condizionata dagli stati d’animo e ancora di più dai pensieri che mi si sono affacciati alla mente a seconda delle varie vicende e, soprattutto, delle non-vicende, di ciò che ci aspettavamo che accadesse e invece semplicemente non è successo. Dello stesso fatto avrei probabilmente scritto diversamente, se ne avessi scritto prima o dopo aver appreso una certa notizia. Poiché la scrittura di queste pagine non è stata nemmeno cronologicamente lineare, i diversi momenti sono mescolati insieme. La redazione finale è invece post festum.

Mimì è con noi da quattro anni e mezzo, ma un’adozione non termina nel momento in cui una bambina ha trovato la sua famiglia. Quella che racconto è solo una parte di una storia che non si è ancora conclusa e della quale, mentre sto scrivendo, è difficile immaginare l’esito. Ma della vita è difficile immaginare come andrà a finire.