Recensioni / Occasionali

Tendenzialmente ritengo le raccolte retrospettive in volume di pezzi giornalistici – siano essi commenti d’attualità, livorosità varie ed eventuali, recensioni et alia – nel migliore dei casi noiosi accrocchi precocemente superati dagli eventi, nel peggiori maldestri tentativi di (auto)costruire altarini alla divinità del sé e della firma. La scrittura giornalistica raramente regge il libro, e in ogni caso non come collazione di pregresso. Certo, esistono eccezioni. Le Laboriose inezie di Manganelli, per fare un esempio astrale, per cui il vincolo delle due cartelle era sfida perfetta per il gioco al massacro, già sperimentato letterariamente nelle Centurie. E anche questi pezzulli di un Cordero biologicamente senescente, rivisti uno dietro l’altro, danno un certo frammentato senso. Cordero: giurista, professore emerito di procedura penale, polemista, pamphlettista, saggista, finanche narratore, ad oggi quasi novantenne, romano d’adozione e cuneese di nascita. Cordero celebre per la sua “cacciata” da parte degli ortodossi della Cattolica di Milano dopo la pubblicazione de Gli osservanti, fenomenologia della norma nel 1969. Testo pensato come manuale universitario di filosofia del diritto, “chiunque lo legga, perderebbe immediatamente la fede”, l’accusa. Ristampato da Aragno nel 2008 (e già di nuovo introvabile), ha rivelato la prosa sensazionale di Cordero: ardua, polimorfa, demiurgica, “poetica” e polisemica, densissima; in una parola: splendida e morbosamente ammaliante. Poveri gli studenti, beati i leggenti. Da lì in poi un florilegio, da vero intellettuale umanista poliedrico. È precisamente questa prosa a giustificare la lettura di marginalia del genere. Brevi commenti sul teatrino politico recente (2013-2015), gli ultimi vagiti dell’ex-caimano (definizione corderiana, peraltro), e gli sdentati ruggiti del “nuovo” che avanza rottamando; riflessioni sui tempi e sulla loro fatidica corrosione, sul tempo, sul libro, sulla letteratura. Chiose che compensano con l’arguzia o la malinconia i limiti fisici d’ingombro del loro statuto occasionale. Dunque, non tanto il cosa, ma il come. L’immotivata fiducia che lo stile non sia mero accidente intercambiabile o scolarizzabile, ma invece sostanza in sé, capace di scavalcare il pretesto evocando sensazioni d`altrove anche nel microrecinto del quotidiano, del trito, del tristo ripetersi di scene oscene. Chi voglia godersi qualche ora di inutile (sia detto a complimento) intelligenza scritta in una prosa a tratti (ancora) superba, si accomodi. Per i neofiti trattasi di buon svezzamento prima del Cordero “vero”.