Recensioni / Architettura del ’900 a Camerino e dintorni

Proprio nei giorni in cui su Camerino e gran parte dell’Appennino marchigiano si stava per abbattere la pesante calamità del terremoto di fine ottobre, l’editore maceratese Quodlibet dava alle stampe Guida all’architettura nelle Marche 1900-2015. Il volume, presentato lo scorso 1 febbraio al ridotto del teatro delle Muse di Ancona, è frutto di un lavoro di ricerca di Lorenzo Ciccarelli, giovane ingegnere-architetto di Jesi, che dal 2013 collabora con la fondazione Renzo Piano. Un capitolo è dedicato al Camerinese e si apre così: «Come accaduto per altre città della regione, anche nel caso di Camerino è una calamità naturale naturale – il terremoto del 1997 – ad innescare una svolta urbanistica. I fondi per la ricostruzione sono stati infatti impiegati per potenziare le attrezzature dell’università come volano economico per la città». Quando scriveva queste parole l’autore non poteva immaginare ciò che stava per accadere, ma i fatti hanno dimostrato che proprio grazie a quegli interventi l’ateneo può oggi continuare la sua “missione”, nonostante le ovvie difficoltà.
Con un’ampia documentazione fotografica, nel volume sono sottolineati alcuni interventi urbanistici e architettonici. In particolare: il “campus residenziale e biblioteca” in via D’Accorso, progettati da Raffaele Mennella e Cherubino Gambardella, nei cui blocchi di residenze l’autore vede un omaggio alle architetture di Heinrich Tessenow e Aldo Rossi; il dipartimento d’informatica e quello sottostante di medicina sperimentale in via Madonna delle carceri, progettati da Umberto Cao con la collaborazione di Andrea Repupilli, nonché – lungo la stessa via – i tre corpi di fabbrica del dipartimento di biologia sui quali hanno lavorato gli architetti Pippo Ciorra e Massimo Perriccioli con diversi collaboratori (Stefania Ciuffoli, Daniele Manzi, Gabriele Mastrigli, Armando Minopoli, Francesca Tata). Di tutti vengono evidenziate le scelte compositive e dei materiali, le aperture sul panorama panorama e lo “sguardo” verso il centro storico.
Di Camerino, nella guida, ci sono anche il restauro del convento di San Domenico, con l’adattamento della chiesa a sala conferenze e i nuovi spazi museali (opere dei progettisti Vittoria Salmoni, Maria Pia Guerrini, Pierluigi Panzini, Alberto Fattori e Roberto Capozzi), nonché una dimora privata, “casa Falaschi” (1973-’75) in contrada Seola Alta, di cui «… si segnala la copertura a una falda che scende fino a terra, contrappuntata, sul lato opposto, da una svettante canna fumaria… e un volume nitido, esaltato dall’uniforme intonaco bianco, a cui non sono estranee reminiscenze del primo razionalismo italiano».
Il libro pagina dopo pagina conduce il lettore lungo un itinerario, dal Nord al Sud delle Marche, tra edifici significativi per epoche, stili e progettisti che in qualche modo hanno segnato la storia dell’architettura nella regione durante tutto il XX secolo e nei primi tre lustri del XXI. In tutto 141 opere, di 135 diversi architetti, che spaziano dal liberty del villino Ruggeri di Pesaro (1902) al moderno padiglione dell’istituto Santo Stefano di Porto Potenza Picena (2015). Nel capitolo dedicato al territorio camerinese e oltre, sono “schedati” anche casa Remiddi (1964-’66) in località Marzocco di Muccia (progettisti Paolo Angeletti e Gaia Remiddi), la casa di riposo per anziani di Matelica voluta da Enrico Mattei nel 1960 (architetto Edoardo Gellner), il quartiere Ina-Casa del 1950 a Sanseverino Marche (Paolo Castelli e Marone Marcelletti) e la scuola media della stessa città settempedana progettata dal Gruppo Marche nel 1969. Il tutto è arricchito da un saggio storico introduttivo in cui l’autore confronta le vicende dell’architettura novecentesca marchigiana con il panorama culturale e artistico italiano.