Recensioni / L’Italia Centrata, una via al futuro per Toscana Marche e Umbria: al Salone di Torino il volume curato da Enrico Rossi

È lecito parlare di un’Italia Centrata? Possono la Toscana, le Marche e l’Umbria formare una macroregione? Indaga intorno a queste questioni il libro presentato oggi al 29mo Salone del Libro di Torino, L’Italia centrata. Ripensare la geometria dei territori, curato dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, per Quodlibet.
Insieme a Enrico Rossi erano presenti due degli autori di contributi presenti nel libro: Aldo Bonomi, sociologo, fondatore e direttore del Consorzio Aaster, e Anna Marson, professore ordinario di tecnica e pianificazione urbanistica all'Università IUAV di Venezia.
Si tratta di un parte di paese in cui forti affinità – l’arte, la costruzione del paesaggio, un solido spirito civico, forme sociali ed economiche – emergono dai tempi lunghi della storia, ma che hanno anche conosciuto, dopo il secondo dopoguerra, tratti comuni di sviluppo politico ed economico. Oggi, come scrive Rossi, il tema diventa quello “del divario e degli squilibri, la sfida di una modernizzazione più giusta e inclusiva”. Dall'Italia Centrata può allora venire un contributo alla riunificazione delle due “Italie”, attraverso la sfida di un nuovo regionalismo che archivia la stagione delle piccole patrie e degli staterelli. E che trova dimensioni territoriali e politiche adeguate alla competizione con le grandi regioni europee.
“Oggi la crisi della politica nasce da una separatezza creatasi rispetto all'elaborazione degli intellettuali. È grazie a questo elemento che il crescente populismo vende la merce avariata di una storia falsata ad hoc – ha affermato Enrico Rossi intervenendo alla presentazione del volume –. E da quella separatezza nasce la subordinazione della politica alla forza di un'economia che oggi sempre più vuole decidere a ogni livello. Anche se per fortuna questo non succede sempre e dovunque”.
“Anche la crisi dell'istituto regionale nasce da una politica che non riesce più a collegare i governi locali con i bisogni. L’opzione di risposta più ovvia sembra ricentralizzare, ma è davvero così? – aggiunge Rossi –. L’omogeneità che riscontriamo in queste tre regioni ‘centrate’, con storia, omogeneità territoriali, tensione politica comuni, sono tali da poter ripensare un assetto di governo intermedio, capace di filtrare dinamiche locali rispetto a volontà di centralizzazione di governo incapace di coglierle; e intorno alle quali occorre chiamare all'appello energie diverse e complesse, ma ad un livello di taglia e forza politica adeguata”.
“Occorre ricostruire i corpi intermedi e in questo sforzo non si può fare a meno delle parti sociali, di un nuovo patto tra capitale e lavoro, di una comune battaglia tra politica, sindacati imprese e capitale sani, che mette al centro i soggetti che lottano per uscire dalla crisi. Lo sforzo non potrà che essere collettivo. Ed è l'esatto contrario della rottamazione, si chiama ricostruzione, di un nuovo centro, non politico ma sociale e ideale: l’Italia centrata appunto”.
“Una strada ce la indica la storia dei successi dei distretti produttivi, che hanno creato una figura di imprenditore nuovo – ha concluso Rossi – con cui è nostro dovere costruire l'alleanza di un nuovo blocco sociale di progresso, sostenuto da un soggetto di governo adeguato a livello locale per costruire una reale capacità condivisa di gestione territoriale”.