Recensioni / L’arte liberata e militante di Piero Gilardi

Uno degli artisti più sensibili ai temi sociali in retrospettiva al MAXXI

«L’arte deve impegnarsi a entrare nella vita, ma dato che la vita è alienata, occorre impegnarsi anche a liberare e disalienare la vita». Le parole di Piero Gilardi (Torino, 1942) definiscono il suo lavoro e aiutano a capire quale possa essere la direzione di una ricerca sensibile ai temi sociali. La retrospettiva del MAXXI documenta tutti gli aspetti del suo stare nell'arte con le armi della critica.

Coerenza. Per la cura di Hou Hanru, Bartolomeo Pietromarchi e Marco Scotini, il MAXXI dedica una retrospettiva a Piero Gilardi, tra i più importanti artisti italiani e caso esemplare di arte impegnata politicamente.
Esemplare per coerenza, in quanto non ha esitato a rinunciare alla produzione artistica destinata al mercato per lavorare dentro organizzazioni politiche e in collettivo, nella prospettiva gramsciana di socializzazione degli strumenti creativi.
La mostra è articolata in più sezioni. La prima riguarda gli anni ’60 e i Tappeti natura che l’hanno reso famoso, una natura in gommapiuma, tanto più finta quanto più iperrealista, per tematizzare la nostra alienazione dalla natura vera. La seconda verte invece sulle opere anni ’80, più complesse e interattive. La terza è dedicata alla militanza politica degli anni ’70, quando con gruppi come La Comune organizzava cortei di protesta, e a quella recente a favore del movimento No Tav. Infine una quarta sezione documenta l’attività di critico e teorico.