Recensioni / Fenomeno Callas

Domani al Teatro Massimo Bellini la presentazione del libro Mille e una Callas. Voci e studi a cura di Luca Aversano e Jacopo Pellegrini che celebra il mito dell’artista icona con documenti, informazioni, saggi, ricordi e testimonianze dirette, ricerche intorno alla sua magnetica presenza scenica, alla sua personalissima gestualità

Si celebra quest’anno il quarantennale della scomparsa di Maria Callas (all’anagrafe Maria Kalogeropoulou, New York 1923 - Parigi 1977) e un corposo volume miscellaneo, sapientemente curato da Luca Aversano e Jacopo Pellegrini per le edizioni Quodlibet di Macerata, indaga e ricostruisce la poliedrica figura di donna, artista, attrice, voce del melodramma di tutti i tempi.
Quanto più azzeccato appare il titolo Mille e una Callas. Voci e studi (preso in prestito dal ricordo di Alberto Arbasino che si legge nel volume) prescelto dai due curatori per delineare la messe di contributi che, non senza un criterio ordinatore, indaga la fenomenologia del personaggio incarnato dal celebre soprano. Il criterio ordinatore si rintraccia a p. 9 dell’introduzione (intitolata non a caso Preludio e Scena) sottoscritta da Aversano e Pellegrini: «Affrontare il “fenomeno Callas” intorno a due grandi poli di attrazione: la Callas come professionista della musica e interprete, ossia soggetto attivo; la Callas come soggetto passivo, o meglio, oggetto del discorso creativo, critico, antropologico, sociologico». Va da sé che soggetto Callas e oggetto Callas nutrono in progress l’azione di problematizzazione dell’artista-icona del melodramma intorno alla quale è imbastito il libro.
Suddiviso in sei parti, esso raccoglie per la prima volta i contributi di studiosi di varie discipline: filosofi, storici della letteratura, dell’arte, del teatro, del cinema, della danza, della moda, della comunicazione, impegnati, da diverse prospettive a indagare i mille volti della Divina.
La “voce”, la tempra della donna in scena, l’eccelsa interprete (della Medea di Cherubini come di quella di Pasolini, ma anche di Violetta, di Norma, di Fiorilla, di Tosca…), la trasmissione di un impareggiabile modello attraverso le registrazioni discografiche, l’insegnamento e la critica, le testimonianze di coloro che le furono vicini e che oggi consegnano una ricostruzione – a volte Medita, a volte non, ma sempre interessante – della Callas. Infine un’analisi metodologicamente aggiornata dell’elaborazione del mito, come esito ultimo, e altissimo, di un percorso umano e artistico e della relativa recezione. Le sei parti si presentano al lettore come potenziali percorsi di comprensione e approfondimento del “fenomeno Callas”, da articolare senza un ordine prestabilito: si potrà quindi liberamente scegliere di principiare la lettura dalla vocalità del celebre soprano, o dalla sua presenza scenica, o dal suo consolidarsi in personaggio, o dai ricordi di chi le è stato accanto. Senza farsi scoraggiare dall’imponente mole di informazioni (il volume consta in tutto di 615 pagine corredate dalla preziosissima bibliografia scelta e ragionata a cura di Jacopo Pellegrini).
Di tale fenomenologia appaiono sfumature inedite quelle, per esempio, messe in luce da Marco Emanuele («Every body is a civil war. Callas sang the war»: culto della diva e ricezione queer) vòlte a una interpretazione dell’artista come icona gay e in prospettiva queer (è di riferimento lo studio di Wayne Koestenbaum “The Queen’s Throat” e del presunto legame tra orientamento sessuale e passione per l’opera lirica sviluppato alla fine degli anni Ottanta); o di Elio Matassi che nel suo contributo sfrutta l’unicità della voce Callas per definire, con un approccio storico-critico-filosofico, questo dato come “evento”: «Il mito di Maria Callas, portatrice di una potenza destinale che risuona dall’unicità della sua voce, espressa da un corpo oggetto di una trasformazione altrettanto leggendaria, irrompe nel tempo storico come rievocato dalle profondità del tragico, elevandosi tuttavia al di là di questo destino ed entrando nella storia in virtù e nonostante la costitutiva contingenza del suono». Senza tralasciare il ricordo intimo e intenso di franca Valeri, che ricompone in immagine le parole del congedo della diva dalle scene, quel «Franca… Son stanca», con cui forse è giusto immaginare anche il commiato della Divina Callas dalla vita.

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