Recensioni / Carmelo Bene tra le bare del potere

Caemelo Bene – Gilles Deleuze Sovrapposizioni Quodlibet 2002

Era il 1978 quando Feltrinelli pubblicava Sovrapposizioni. Quel volumetto usciva sull'onda dell'immancabile fragore teatrale che Carmelo Bene aveva suscitato con Riccardo III, ultimo quadro della trilogia ispirata a Shakespeare, ultima tappa di un'escursione drammatica partita con Amleto e proseguita con Romeo e Giulietta. In Sovrapposizioni Bene pubblicava il suo testo, fissava e formalizzava la sua visione tragica popolata di arredi funebri, bare, specchi, fiori freschi e avvizziti, atmosfere malate e viziose. Per esempio mostrava i cassetti ricolmi di garze e bende, mostrava il Duca di Gloucester in frac, intento a palpare e a baciare la cameriera, immancabilmente zittito dalle donne in gramaglie, piangenti sulla bara di Enrico VI. Neppure la sua battuta più famosa poteva pronunciare, neppure l'incipit del grande monologo «Era l'inverno del nostro scontento», trasformato in «Ora l'inverno dei nostri rancori». La rilettura di Bene sottraeva Riccardo alla fama di re spietato e subdolo, ne faceva una figura fragile al centro di una meditazione sul potere e sulla presenza femminile all'interno del potere. Il copione, intrecciato di balbettii e fitto di rovesciamenti, generava uno spettacolo fatto di amputazioni e di sottrazioni: non l'epopea tragica di un destino maledetto, ma la vulnerabilità di un personaggio che si recita addosso. Il pubblico, come accadeva con Bene, si divideva, senza neppure sospettare che la rappresentazione era appena un aspetto del Riccardo III, e che l'azione teatrale non poteva prescindere dalle didascalie che costituivano una narrazione dentro la narrazione, lo svelamento ideologico del personaggio in rapporto con l'universo femminile. Solo l'edizione a stampa poteva offrire la complessità dell'operazione. Se non bastava, al copione così densamente strutturato s'aggiungeva un testo di Gilles Deleuze, Un manifesto di meno, che poteva essere considerato il primo, serio tentativo di spiegare un teatro che, per la prima volta, faceva nascere dalle proprie amputazioni qualcosa d'inatteso, come in una protesi. A quello scritto seguiva la risposta di Carmelo Bene intitolata Ebbene sì, Gilles Deleuze! dove si può leggere, fra tante dichiarazioni di poetica, «E mi (se la) raccontano di narciso, apprendisti da scuola del suicidio e non maestri dell'autodistruzione... Non allievi del metodo che vuole la sapienza dell'attimo non mai rappresentato». Non sappiamo quanta fortuna abbia avuto quella lontana edizione di Feltrinelli. È importante però che la fucina artistica e ideologica contenuta in Sovrapposizioni non sia andata dispersa. Per merito di una piccola casa marchigiana, Quodlibet, l'opera torna a circolare arricchita da un denso apparato fotografico che ci mostra Carmelo Bene in alcune fasi dello spettacolo con alcune delle sue celebri attrici (la Mancinelli, la Grassini, la Morante oggi acclamata star cinematografica) e durante le fasi del trucco nel camerino del teatro romano in cui Riccardo III andò per la prima volta in scena.