Recensioni / Una grandiosa drammaturgia medievale: il «Trionfo della Morte» di Palermo

Michele Cometa si occupa da anni di scrittura dell’immagine, indagando da molti punti di vista la natura, spesso ambigua delle opere. Come accade, puntualmente, con il celeberrimo «Trionfo della morte» di Palazzo Sclafani, oggi alla Galleria di Palazzo Abatellis di Palermo. In un approdo delle rotte del commercio e dell’arte, un anonimo artista rappresentò il complesso progetto teologico di una figura che l’autore identifica nel cardinale Niccolò Tudeschi, morto per peste a Palermo nel 1445, in un’epoca fustigata da sconvolgimenti politici e epidemie.

Dai pochi dati certi disponibili su un’opera che continua a suscitare dubbi e di cui l’autore segnala la drammaturgia sapientissima delle figure che «non aiuta», inizia l’attenta lettura di un mondo ricchissimo di segni e simboli, saturo di presagi. All’interno del gran flusso delle icone, il cavallo della Morte inaugura infatti un movimento di vortice che tutto avvolge, da cui ben poco resta indenne, mentre il fantasma dell’antico giardino della vita e della felicità sta sullo sfondo come doloroso ricordo.

In una prosa nitida, sorvegliata, Michele Cometa esplora i viaggi degli stili, tra la Catalogna, Napoli, le Fiandre, la Borgogna e la Sicilia, e ripercorre i molti fili che sono stati seguiti per dare una interpretazione all’opera, celebrando a oltre un cinquantennio dalla sua pubblicazione l’antica ekfrasis di Libero De Libero, magistrale incrocio di poesia e saggio, testo edito da Flaccovio nel 1958.