Un saggio di Gabriele Guercio per orientarsi nel «magma indifferenziato» della creatività
Ripartire da Picasso. Per orientarci, nell’epoca della «creatività generica», nell’indistinto universo dell’arte dove tutto e il contrario di tutto sono ugualmente possibili. Dove difficile è distinguere tra ciò che è artistico da ciò che è ordinario, tra arte e non-arte, tra opera e contesto, realtà e finzione. Ripartire da Picasso. Perché con l’artista spagnolo «l’opera nasce da tre imperativi: trovare e non cercare, negare la natura, e compiere un atto d’amore». E la tesi di Gabriele Guercio, salernitano, storico e critico d’arte, autore di numerosi saggi sull’arte contemporanea, sulla storiografia e la storia delle idee dell’arte. Nell’ultimo, Il demone di Picasso (Quodlibet), Guercio traccia una genealogia e una storia degli aspetti dirimenti dell’arte novecentesca, facendosi in ciò guidare dal pittore di Malaga «che ha attraversato l’anarchia e ha toccato l’altra riva della libertà, riconoscendo e problematizzando il volto nefasto e opprimente dell’indifferenza della produzione». Se critici, artisti e storici convergono nel ritenere i readymade di Marcel Duchamp (che nel 1917 aveva conferito lo status di oggetto d’arte a un orinatoio) il punto di svolta nella pratica artistica per approdare così a una nuova verità filosofica oltre che artistica, la lezione di Picasso è ben più complessa, illuminante. Attraverso l’esperienza del collage, qualche anno prima di Duchamp, Picasso – rileva acutamente Guercio – va oltre, ovvero «eccede i materiali impiegati dagli artisti». Pensiamo agli assemblaggi parigini del 1931, in cui il pittore alterna oggetti e segni: non evidenziano forse il confine labilissimo tra arte e non-arte? Eppure rispetto a Duchamp, il tutto «non implode in un magma indifferenziato». Se anche in Picasso il concetto onnicomprensivo di arte va in pezzi, questo avviene «senza sminuire l`importanza della creazione che si scopre attinente a qualcosa di originale e originario, senza condizioni». Ripartire da Picasso, dunque. Convinti da Guercio che Picasso fu «posseduto da un demone bifronte» che se da un lato alimentava il faustiano relativismo creativo, «dall’altro lo spingeva a riconquistarsi un creazionismo artistico potenzialmente in grado di riscattare e il lavoro e l’arte».