Recensioni / Sguardo sull’infrasottile

Marciapiedi, spigoli, guance. Il libro di Ballo Charmet

U na fotografa, Marina Ballo Charmet, ritrae spigoli di cemento rugoso, marciapiedi sconnessi, erbe nei prati, selciati delle piazze, parchi frequentati dai migranti, colli e guance in primo piano. Di professione è psicoterapeuta, ma come fotografa partecipa a mostre e scrive. Il suo libro, “Con la coda dell’occhio” (a cura di S. Chiodi, Quodlibet, pp. 181, € 20) non è tanto una raccolta d’immagini proprie o altrui, ma una riflessione ricca e complessa sulla propria attività di artista e fotografa. Uno di quei libri che è raro leggere in Italia, ma anche all’estero. Marina Ballo Charmet ha studiato filosofia, ed essendo figlia di un critico d’arte importante, Guido Ballo, nonché parte di una famiglia di fotografi, da Aldo Ballo a Mariarosa Toscani Ballo, moglie di Oliviero, reca con sé l’immagine dell’arte del Novecento, dal figurativo all’informale, dall’astrattismo e al concettuale. Tutto questo l’autrice lo racconta nelle prime pagine del suo volume, dove spiega anche come s’è incamminata su una strada visiva originale, concentrandosi su ciò che Duchamp chiamava l’infrasottile, ovvero gli interstizi visivi che nessuno scorge, e dunque rappresenta: lo spazio sotto i nostri piedi, i luoghi liminari, gli spazi temporanei. Il suo sguardo è eliso, occulto, nascosto. Si occupa di ciò che in un suo testo chiama «il quotidiano, l’ordinario, l’incerto». Eppure la sua fotografia non è mai banale; anzi possiede un tasso di esteticità elevato. Sono quadri, pitture, immagini artistiche, non documenti. Tuttavia proprio per l’attenzione al quotidiano – bambini, detenuti, migranti – Ballo Charmet coglie il lato in ombra nel nostro campo visivo. Leggere le sue pagine intrise di psicoanalisi e filosofia, di ricerche estetiche e attenzioni alle esistenze singolari, è davvero una avventura del pensiero. Ci aiuta a far vacillare il nostro rapporto con la realtà e a ricostruirlo. Un bellissimo libro.