Recensioni / A che ora si mangia?

La cultura si vede anche a tavola: il lusso di pranzare tardi

Confessiamo che a prima vista ci sembrava impossibile riuscire a scrivere un libro sulla collocazione oraria dei pasti.
Eppure lo storico torinese Alessandro Barbero, noto al grande pubblico per la sua presenza fissa alla trasmissione televisiva Superquark, c’è riuscito egregiamente, soprattutto evidenziando il nesso, non subito palese, tra pranzi e cambiamenti sociali.
A che ora si mangia? (Quodilibet, pp 87, euro 10) mostra in effetti che «gli orari dei pasti sono una costruzione culturale»: ce ne accorgiamo ogni volta che viaggiamo all’estero o anche semplicemente nel Meridione, ove gli orari si spostano più in là rispetto alle nostre zone.
Così accadde a fine Settecento, allorché «le classi agiate europee hanno modificato l’orario dei pasti, facendo slittare in avanti l’orario del pasto principale della giornata» (p. 10), fino al punto di soppiantare completamente la cena.
Nasceva così la necessità di cibo mattutino, chiamato in Francia déjeuner à la fourchette, collocato a metà mattina.
Con una serie di documenti in francese e in inglese (purtroppo non tradotti) il volume mostra che la tendenza si diffonde rapidamente come una moda, non attecchendo però che marginalmente in Germania: in generale però «pranzar tardi è una innovazione fortemente connotata, che concorre a distinguere la capitale dalla provincia, e la buona società dal popolo» (p. 62).
Insomma, «pranzar tardi era il segno di una buona posizione sociale» (p. 67).
Quando andremo a fare prima colazione o quando ci inviteranno di sera a un pranzo di gala, pensiamo a quanti cambiamenti racchiudono quei termini. La cultura si vede anche a tavola.

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