Recensioni / Una raccolta di scritti di Alexandre Kojéve e una riflessione estetica sull'artista

SAGGI
Il Bello non si copia, si crea. Parola di Kandinsky
Contrariamente all’opinionecomune i suoi non sono quadri astratti ma sono oggetti concreti
Kandinsky diAlexandre Kojève traduzione di MarcoFiloni e Antonio Gnoli pagine 82, euro10 Quodlibet

«I quadri di Kandinsky non  sono pitture di oggetti, ma oggetti dipinti: sono oggetti allo stesso titolo degli alberi, delle montagne, delle sedie, degli Stati». Così Alexandre Kojève si sofferma sull’arte dello zio, Wassily Kandinsky, in un saggio del 1936 ora tradotto in italiano per Quodlibet a cura di Marco Filoni. Oltre a questo scritto, intitolato I dipinti
concreti di Kandinsky (con le inedite annotazioni a margine dello stesso Kandinsky, riportate in nota), il volume raccoglie anche un breve inedito, La personalità di Kandinsky, e un istruttivo saggio di Filoni (Estetica dell’in-esistente. Il giovane Kojève e l’arte), in cui viene enucleato il retroterra speculativo alla base della riflessione estetica di Kojève.
 L’arte a cui il giovane Kojève rivolge il suo interesse - e si tratta qui in primo luogo dell’opera di Kandinsky - ha come oggetto l’«in-esistente». Tale arte infatti non raffigura ciò che esiste,ma«crea il reale come sua immagine. E il reale in questo caso non è il prodotto del pensiero sul pensiero, ma soltanto un tentativo di rappresentazione dell’idea pura». L’arte di Kandinsky non si ispira a oggetti reali non-artistici rappresentati in modo da apparire belli allo spettatore; essa è invece creazione ex nihilo del Bello, come nel celebre caso del Cerchio-Triangolo: «il Cerchio-Triangolo non esiste prima, fuori, indipendentemente dal quadro; è stato creato nel quadro e tramite - o in quanto - quadro. Ed è solo in e per questa creazione del Cerchio-Triangolo che è stato creato il Bello che esso incarna. Anche questo Bello non esisteva prima del quadro e non esiste al di fuori di esso, indipendentemente da esso». Al fuori del quadro i soggetti di Kandinsky non hanno alcuna qualità; in un certo senso, essi sono persino più perfetti e concreti degli oggetti reali. Come annota lo stesso Kandinsky a margine dello scritto di Kojève, «l’albero reale ha un'infinità di aspetti visivi», di cui il quadro Albero può raffigurarne soltanto uno: di fatto, «il quadro Albero ci mostra il “di fronte” dell’albero, ma nasconde quello che sta “dietro”». Ciò non accade invece nel caso della pittura di Kandinsky, dove «il Cerchio-Triangolo non è altro che l’aspetto visivo presentato dal quadro Cerchio-Triangolo». Al contrario dell’albero, che si trova in un universo («sul terreno, sotto il cielo, vicino ad altre cose») e che, nel momento in cui viene raffigurato, deve essere «estrapolato» - e dunque «astratto» - dal suo contesto naturale, il Cerchio-Triangolo non rimanda ad altro (non è un «frammento»), ma è esso stesso «un Universo, completo e chiuso in sé». Per questo motivo, il Cerchio-Triangolo non è nemmeno un’astrazione: indipendentemente dal suo artefice, esso «è in sé nella sua totalità».
 Esiste in perfetta autonomia, al pari di ogni altro oggetto. L’unico rapporto che lega l’artista ai suoi prodotti è quello di
una filiazione: «Kandinsky è il “padre” del suo quadro Cerchio- Triangolo. Ma questo quadro
è altrettanto indipendente da lui, altrettanto oggettivo... di quanto un figlio sia oggettivo e indipendente dal padre». Contrariamente all’opinione comune, i dipinti di Kandinsky non hanno perciò alcunché di astratto o soggettivo. Essi
danno luogo alla nascita di veri e propri oggetti, e non possono dunque essere altro che concreti. Di qui la loro originalità rispetto ad ogni pittura semplicemente «rappresentativa» quale il simbolismo,il realismo, l’impressionismo e l’espressionismo - tutti generi cui l’arte di Kandinsky si oppone in blocco.