Rispettare la biodiversità, considerare l’uomo come elemento e non come fulcro (spesso devastatore) di un progetto di creazione integrato. Il progetto di “ecologia umanistica” di Gilles Clément ha radici antiche. L’origine si può considerare un piccolo libro di memorie, che si legge come un romanzo, la cui tradizione italiana si deve alla Quodlibet di Macerata. In Ho costruito una casa da giardiniere Clément illustra il concetto di “giardino in movimento” nato dalla propria esperienza di giardiniere nella Creuse, dipartimento francese della regione della Nuova Aquitania. Vi illustra la sua esperienza “di frontiera” e “di rottura” con la costruzione quasi mezzo secolo fa – di una casa autonoma e libertaria, un «cantiere evolutivo» a contatto con la natura. Dove ad esempio al posto di una scala si usa un nodoso ramo d’albero: «Senza patrocinio, senza padrone, senza ordine – vi si legge – scegliamo la natura come guida. La sappiamo amorale e senza appello, ma sappiamo anche che non dà giudizi. Essa ci propone un campo d’esperienza privo di un limite apparente. Ci pone di fronte una libertà alla quale nessuna società organizzata può aspirare con serenità: il diritto di sbagliare».
Per questo Clément insiste sul concetto di “terzo paesaggio” come «luogo privilegiato dell’intelligenza biologica», composto da quegli spazi diversi per forma, dimensione e statuto, accomunati solo dall’assenza di ogni attività umana, ma che nel loro insieme sono fondamentali per la conservazione della diversità biologica. Una riflessione con implicazioni politiche.
«C’è un bel mucchio di cose che sfugge alla sorveglianza dello Stato e all’avidità dei mercati – scrive in Ho costruito una casa da giardiniere – il polline, gli insetti, le sementi, le specie libere non ancora brevettate».