Recensioni / Calcio ma anche cavalli nella penna (e nel cuore) di Beppe Viola

È appena uscita, per le edizioni Quodlibet, una nuova raccolta degli scritti di Beppe Viola. Che per gli amanti dell’ippica contiene una meravigliosa sorpresa. Il gioiello di un racconto, magistralmente scritto, dal giornalista scomparso a 42 anni, nel 1982, che con stile, ironia e una scrittura di grande qualità racconta i personaggi, le vicende che hanno come teatro l’ippodromo. Beppe Viola la domenica lo trovavi a San Siro, inteso come stadio ma anche come ippodromo. Pur con l’impegno della partita da raccontare alla Domenica Sportiva non mancava mai di fare una scappata alle corse. Lo amava quel mondo, di personaggi strani, ma autentici, di cavalli che non possono perdere e di clamorose sconfitte, di soldi che girano e di una dritta su un purosangue che ha volato in lavoro al mattino.
E di gente come l’Oscar, l’eroe del racconto ‘Ippodromo’ che fa parte del nuovo libro che raccoglie inediti e scritti sparsi e dispersi tra le carte di questo giornalista ‘fuori categoria’. L’Oscar che non aveva mai lavorato in vita sua e che per la voce narrante meritava tutto il rispetto perché seguire i lavori al mattino, studiare il Trotto da cima a fondo e andare alle corse, era un’attività che meritava rispetto. Così in Sportivo sarà lei accanto al Milan, all’Inter, al football, al biliardo, ai testi scritti per le canzoni di Jannacci, al rugby, trova posto anche l’ippica. La nostra amata ippica così bistrattata dai media generalisti di questi  tempi, salvo poi pubblicare un paio di pagine l’anno per l’impresa di Dettori all’Arc, aveva proprio bisogno di un colpo d’ala. Di recuperare, grazie alla signora Viola e alle figlie che assieme ad alcuni giornalisti hanno scelto i testi per questa bella pubblicazione, tutta la sua nobiltà, sì perché per un sopraffino narratore come il Beppe l'ippica era romanzo, era qualcosa che valeva una sigaretta, una bevuta in compagnia, un racconto da ascoltare anche a notte inoltrata.
Era qualcosa che aveva la stessa dignità di una grande partita di calcio. Come una sublime bellezza che ti rapisce, che non la puoi tradire. Per cui dopo anche Milan-Inter, un Derby che ti ha regalato emozioni e materia per un articolo, Rivera-Mazzola, il rigore non fischiato da Concetto Lo Bello, il salvataggio sulla linea da parte di Sarti, quel colpo di testa di Pierino Prati, beh la settima corsa di San Siro mica te la perdi. “Chi giocano, Oscar?” “C’è quello lì che il Brighenti ha detto non può perdere...”. “Dici?”. “E giù di galoppo, in rottura a cento dal palo...”. Ecco un estratto del racconto 'Ippodromo' tratto da 'Sportivo sarà lei’.

“Per l’amore che nutriva per gli animali, l’Oscar batteva Noè 6-0, 6-0. L’Oscar amava gli animali in genere, ma soprattutto i cavalli; in modo particolare quelli cosiddetti da corsa. Per amore dei cavalli da corsa l’Oscar non fumava, non beveva, era sempre all’aria aperta: la mattina per vedere le sgambature, il pomeriggio le corse. Era un tipo coerente l’Oscar: non aveva mai lavorato. Niente poteva distrarlo da quello che considerava la sola, autentica vocazione della sua vita. Studiare attentamente il programma, parlare con fantini, allenatori, artieri, maniscalchi, veterinari, con chiunque potesse aggiornarlo compiutamente e scommettere fino alla morte. (Si vantava di aver pagato un deca sopra l’altro tutta la tribuna principale del galoppo e di essere stato tra i più solerti finanziatori dei lavori di restauro effettuati all’ippodromo del trotto). Alle corse aveva perso una cifra nuova, nel senso che non era ancora stata inventata. La sua competenza era da tutti riconosciuta, almeno quanto la sua straordinaria sfortuna. Ogni capello grigio era un “non piazzato”, ogni ruga una “rottura traguardo”. (Se l’Oscar puntava su un cavallo, bisognava scommettere la vita sull’avversario).” (Beppe Viola, Ippodromo)

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