Recensioni / A che ora si mangia? Un libro sulle abitudini degli Europei a tavola

«La realtà è che gli orari dei pasti sono una costruzione culturale e cambiano non solo da un paese all’altro, ma da una classe sociale all’altra e anche da un’epoca all’altra.»

A che ora si pranzava nel Settecento? Qual è l’origine del termine “dinner” e perché in Francia si usa l’espressione petit déjeuner per indicare la colazione? Ce lo racconta Alessandro Barbero in A che ora si mangia? - Approsimazioni linguistiche sull’orario dei pasti (secoli XVIII-XXI). Il libro, edito da Quodlibet, offre un delizioso spaccato sulle abitudini a tavola e su come queste si siano modificate nel corso della storia, definendo ceti e abitudini di tutta Europa. 

A CHE ORA SI MANGIA? IL LIBRO

Barbero ci racconta di quando, tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, l’aristocrazia a Londra e a Parigi modificò gli orari dei pasti quotidiani. Il pranzo, ritenuto a quel tempo il pasto principale del giorno, veniva consumato sempre più tardi, a volte addirittura alle sette del pomeriggio; di contro, veniva concesso più spazio a una robusta colazione, detta déjeuner à la fourchette, consumata solitamente a metà mattinata. La cena invece scompariva del tutto.

Barbero riporta testimonianze autorevoli e aneddoti divertenti a supporto della sua ricerca.

Sembra ad esempio che Kant si alzasse molto presto al mattino, bevesse del tè senza mangiare nulla e lavorasse fino all’ora di pranzo. Verso l’una interrompeva il suo lavoro e si dedicava al pranzo, il pasto più importante della giornata, che poteva andare avanti fino alle quattro o alle cinque. Kant poi non mangiava più niente e andava a letto presto. Goldoni invece ci racconta: “M’alzo alle nove della mattina, fo colazione con ottima cioccolata… Lavoro fino a mezzogiorno, passeggio fino alle due… Desino spesso fuori… Dopo pranzo non mi piace lavorare né passeggiare. A volte vo al teatro, e più spesso faccio la partita fino alle nove di sera; rientro però a casa prima delle dieci, e prendo due o tre cioccolatini con un bicchier di vino annacquato: questa è la mia cena”.

Quella che possiamo definire a tutti gli effetti una moda, veniva progressivamente adottata dalle classi medie nel corso dell'Ottocento, fino a sconfinare in paesi come la Germania, l’Italia, la Russia, gli Stati Uniti. Nel frattempo però l’aristocrazia inglese e francese spostava l’orario del pranzo sempre più tardi, fino alla sera. Il risultato?  Un divario che diventava sempre più incolmabile, fino agli albori del Ventesimo secolo.

I contemporanei però notarono con interesse questo cambiamento e ne discussero i motivi; le cause vanno ricercate tra le classi dirigenti, che volevano sancire una differenza di ceto e sottolineare il divario fra capitale e provincia. Il fenomeno, interessante sia per lo storico che per il linguista, diede origine a delle designazioni di pasti che sono ancora oggi oggetto di studio. E Barbero, con “A che ora si mangia?” risponde a questi e altri dubbi in un libro perfetto come lettura serale. 

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