Recensioni / «Inluminor immensitate»

Echi ungarettiani in un carme latino? Dannunziani nel «De Rerum Iactura?» Si può, nella «Letteratura latina inesistente». Qui l’antico anticipa il moderno e dialoga col futuro fuori da tutti gli schemi accademici

Si potrebbe cominciare dicendo che questa è tutta un’altra storia. O meglio, è la storia ignota della letteratura latina che finalmente vede la luce, intrecciandosi e componendosi con i grandi classici che tutti conosciamo: Ennio, Virgilio, Orazio, Ovidio. Stefano Tonietto ha scritto un manuale erudito e leggero, alternativo e divertente in cui presenta «iprincipali tratti di quella letteratura latina forse inesistente, ma certamente non meno plausibile di quella nota, colmando così le vaste (quanto, dai più, inavvertite) lacune delle grandi e blasonate storie letterarie».
Veniamo a sapere di autori dai nomi curiosi e accattivanti, spesso indicativi di una bizzarra produzione letteraria e disingolari costumi di vita, che sovente precorrono stili e temi novecenteschi. Come il poeta «maledetto» Aulus Pinna, che «andando contro le regole classiche, redasse i propri versi nella forma del frammento, anticipando di due millenni certe tendenze della poesia novecentesca»; eppure fulgida dimostrazione anche del contrario, perché che in certi suoi versi si avvertono citazioni di poeti odierni: per esempio nel «celebre, intensissimo carme 18» – Et subito vesperascit (Ed è subito sera) – sono presenti «echi quasi quasimodiani» e «splende d`una luce arcana l’ungarettiano carme 12: Inluminor / immensitate (M’illumino d’immensità)». Come non pensare a uno dei più pungenti epigrammi di Gino Patroni? «Mensa popolare Una / zuppa / di / verdura / ed / è / subito / pera».
Tonietto procede con brio e felicità narrativa: racconta una quantità di storie in cui l’antico e il moderno dialogano senza soluzione di continuità; coniuga filologia reale e fantastica, personaggi autentici e fittizi; ironizza su consolidate e vetuste abitudini accademiche. Tra i cipigliosi studiosi alle prese con questi risorti reperti della letteratura latina, spesso in feroce polemica tra loro, figurano eminenti cattedratici e valenti studentesse, da Moana Rizzo a Waldemar Spock. Tra i traduttori e i saggisti compaiono le allusive presenze di «M. Marchesi» e «R. Chandler», di Edward Luttwak e G.A. Borghese. L’operazione satirica compiuta da Tonietto ridicolizza durature pratiche universitarie, come quella degli “studi in onore di”, tra cui spiccano gli Studi offerti a Sabatino Moscati purché lasci la cattedra e gli Scritti in onore di Sua Eccellenza Mons. Cornia Vescovo di Guzzano (il riferimento allo scrittore appenninico Ugo Cornia fa parte di un gioco di solidarietà canzonatoria che chiama in causa diversi autori sodali, tra cui Paolo Albani e Dino Baldi, Antonio Castronuovo e Ermanno Cavazzoni, membri della mordace e sorridente «Compagnia Extra»).
La lista dei nomi degli autori latini inesistenti compone un catalogo beffardo e spassoso: l’oratore Sempronio Valgo, autore dello straordinario esordio «Quo usque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?» scandalosamente sottrattogli dal Cicerone della Prima catilinaria; il«gladiatore sarmatico M. Zhedongus» (estensore dei rinomati centum flores); il principe del foro Gaio Adulterio Sfrenato; il teorico della politica Ottaviano Angusto; il codificatore dell’Institutio amatoria Floscio Gallo; lo scalognato Incerto Autore del poema De rerum iactura (in cui è palese l’influsso ideologico della «scuola filosofica di Dannunzio»); l’apologeta Giusto Grato Fervorino; il prete eretico anarchita Bacuninzione. Non meno significative e paradossali le menzioni di luoghi e occasioni di convegni internazionali di studio (il «Congresso Internazionale di Tolleranza e Pacificazione di Grozny in Cecenia»); i cenni alle dinastie editoriali («la Schola Segratis, oscura consorteria di adoratori d’un vecchio dio della ricchezza e del sesso in età senile»); illudo riconoscimento delle maggiori scuole poetiche regionali (la ligure di Faber, l’insubre di Gaber, l’emiliana di Parnassio da Epaphania, «nome d’arte di un Vuccinius» creatore del noto emistichio «Inter viam Aemiliam et occasum»: «Fra la via Emilia e l’Ovest»).
Capillare la ricostruzione e l’analisi di alcuni generi letterari di successo, quali la letteratura latina perviam (on the road) e quella poliziesca (bene cocta o hard boiled), che ebbe l’indiscusso maestro in Indizio e i più efficaci modelli investigativi in Menenius Rabula detto l’Abbaiatore e nel «grasso ma acuto» Domitius Nero Lupus. In Scorciatoie e Raccontini Umberto Saba affermava che i libri gialli «ricordano le interminabili avventure dei cavalieri erranti. Al posto del cavaliere è stato messo il poliziotto»; e aggiungeva che «sono la sola letteratura contemporanea che sia stata veramente una letteratura popolare», auspicando che in futuro «un grande autore ricavi, dallo sterminato materiale greggio dei romanzi polizieschi, un’opera popolare e di stile». Saba evidentemente non sapeva di questi illustri predecessori latini e certo non immaginava Camilleri.
Tonietto rivaluta una delle più famose icone della poesia latina, la Lesbia di Catullo. Ci mostra con piacere e sagacia «l’altra metà del cielo», l’amore visto dalla parte di Lesbia, donna arguta e concreta, poco incline al romanticismo e puntigliosamente legata alla contabilità «quasi ragionieristica» dei sentimenti («Pro quoque basio scito te daturum / bina sestertia, sicut pacti sumus»: «Per ogni bacio sappi che mi devi dare due sesterzi, come abbiamo pattuito»). Falsificazione? Verità? Senza dubbio questa maccheronica «altra» storia della letteratura latina ci consegna molte novità e spunti di riflessione.