Recensioni / Se il giornalismo non è mai sdottorare, pontificare, tromboneggiare. Se il giornalismo è Beppe Viola

“Sportivo sarà lei” l’ultimo libro sul grande giornalista presenta anche un contributo del nostro Senator, Marco Pastonesi

Frugammo nei cassetti, nell’archivio, nella posta. Recuperammo fogli, appunti, note. Erano pezzi, ritratti, storie. Per giornali, tv, teatro, forse anche cinema e radio. Una miniera, un patrimonio, un’eredità. Il suo testamento.

Beppe Viola morì 35 anni fa. Stava per compiere 43 anni, aveva già compiuto una moglie, quattro figlie, la Rai e mille altre collaborazioni – articoli, libri, canzoni, rubriche – affettuosamente ribattezzati marchette, più alcuni record (colesterolo, pressione, sudorazione) difficilmente eguagliabili. Era un genio. Nelle intuizioni e nell’ironia. Nella scrittura e nella battuta. Tant’è che, riletto adesso, Beppe Viola è ancora in testa al gruppo.

Quella ricerca di marchette si tradusse in un libro semiclandestino, titolo “Inediti e dimenticati” (che invece era un bel sottotitolo), curatori Giorgio Terruzzi e io (Giorgio lavorava insieme a lui, io – si fa per dire – ho preso il suo posto, e questo dice tutto sulla successiva parabola aziendale), editore Magazine (“La timidezza è il mio forte”, diceva Beppe Viola cercando di spiegare il nome in inglese), autore della copertina Marco Cenzato (un disegno della scrivania del suddetto) e fu un bellissimo insuccesso. Perché le critiche si rivelarono inversamente proporzionali alle vendite: e le critiche furono entusiastiche.

Lettera indirizzata alla direzione Rai: “Dobbiamo iscriverci alla DC?”. Lettera indirizzata a Franco Carraro, presidente del Coni: “La mia specialità è scrivere a chi si trova al mare, la speranza è di ricevere una risposta entro Natale”. Trenta domande a Sergio Zavoli, presidente Rai: “Mi hanno raccontato che una volta lei si fermò sul ciglio della strada per fare pipì. Poco più in là c’era Nando Martellini. Lei buttò un’occhiata e disse: tutto quel ben di Dio per Martellini? Non è giusto, per la Madonna”. Quelli che, inediti: “Quelli che Fellini gli ha rubato l’idea”.
 
“Inediti e dimenticati” è appena stato ripubblicato da Quodlibet: s’intitola “Sportivo sarà lei” e ospita, oltre alla prefazione di Marina Viola (primogenita di Beppe: stessa ironia fulminante) e alla postfazione di Giorgio Terruzzi (l’unico autentico erede letterario di Beppe: stesso genio enciclopedico), anche un mio contributo. Questo.

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Se il giornalismo è battere la strada, frequentare i marciapiedi, annusare gli spogliatoi. Se il giornalismo è fumare, sudare, crepare. Se il giornalismo è praticare le sale da biliardo, versare stipendi in quelle da scommesse, abitare nei bar, uno, in particolare. Se il giornalismo è scoprire storie, immaginarle, valorizzarle, tramandarle, tradurle, trasmetterle, recitarle. Se il giornalismo è dare del tu ai campioni e del lei agli operai, dare della grana ai bisognosi e dare del pirla ai meritevoli, dare gas a un foglio di carta e dare tempo al tempo anche quando il tempo è scaduto, e non preferibilmente. Se il giornalismo è quelli che e quelli che non. Se il giornalismo è bulli e pupe, gregari e scalatori, mediani di spinta e mediani di mischia, mezze penne anche nel senso di un primo, clanda e zanza, primatisti del salto del pasto e sui due centimetri. Se il giornalismo è collezionare mal di testa, esagerare con il colesterolo, stabilire record nella pressione alta. Se il giornalismo è palpebre pesanti, fiato corto, cuore sensibile ma mai abbastanza per rinunciare a una battuta, per una battuta si venderebbe anche la propria madre salvo riacquistarla appena possibile. Se il giornalismo è giacca e cravatta, giacca ma la cravatta in tasca, giacca e polo, anche al Polo Nord, quello che c’è c’è. Se il giornalismo è mavadaviailcu. Se il giornalismo è un bianchetto, un boero, una bologna nel senso della mortadella. Se il giornalismo è elevare al quadrato, elevare al cielo, elevare in paradiso, anche solo per un giorno o per un giornale, per un’acrobazia o per un attimo, per la passione o per la professione, anche una professione di fede. Se il giornalismo è pezzo, marchetta e marchettificio, romanzo, anche romanzo popolare. Se il giornalismo, soprattutto quello sportivo, è il reparto giocattoli della vita. Se il giornalismo è insalata russa, macedonia, pastamatic. Se il giornalismo è rigore ma mai punizione, è calcio d’angolo ma mai calcio alla grammatica, è rovesciare il punto di vista, il punto di partenza e dunque anche quello di arrivo, il punto e a capo. Se il giornalismo è rebonza, fresca, marengo, gamba, testa. Se il giornalismo è un grande attacco e un gran finale, ma dentro roba buona. Se il giornalismo è un’idea, e lavorarci sodo, duro, pesante, un po’ da minatore e il resto da scultore. Se il giornalismo è segare, asciugare, rifare, rifare, rifare, rifare, rifare finché non fila, non fila via, non fila via tutto liscio. Se il giornalismo è sorprendere, stupire, spiazzare. Se il giornalismo è non avere orari, ma regole e disciplina sì. Se il giornalismo è non avere padroni, se non i lettori. Se il giornalismo è dare il massimo, sempre, che sia “La Gazzetta della Martesana”, “Il diario dell’elettricista” o eventualmente anche il “Washington Post”. Se il giornalismo è modestamente. Se il giornalismo è un ufficio facce o un banco salumeria o un elettrauto ovale, semovibile come il palazzo del ghiaccio o con lo stadio di San Siro alle spalle. Se il giornalismo è il record del mondo stagionale in numero di caffè, considerando che quelli decaffeinati non valgono, è la spuma, è il chinotto, chi?, notto! Se il giornalismo è materiale buono – ben che vada: il giorno dopo – per incartarci il pesce al mercato o asciugare i vetri delle macchine. Se il giornalismo è avere saltato tutti i weekend degli ultimi trent’anni. Se il giornalismo è un batterista jazz o un cantastorie siciliano, un arbitro di calcio o un allenatore in seconda, una gita in tram o una puntata al pronto soccorso. Se il giornalismo è un ritratto, un racconto, una partita, una vita compresa la tua, la sua, la nostra. Se il giornalismo è gioielleria di precisione, alta manovalanza, lardo ma di Colonnata. Se il giornalismo non è mai sdottorare, pontificare, tromboneggiare. Se il giornalismo è Beppe Viola, allora non si finisce mai di leggere e rileggere, di imparare, sempre inedito e sempre dimenticato, anche trentacinque anni dopo, per quanto. Se il giornalismo è, per esempio, “Carpi, città in provincia di Modena, abitanti 74.918, antica cattedrale, edifici moderni. Attività predominante: industria tessile. Usanze particolari: su 100 uomini che si alzano da letto alle due di notte, due vanno in cucina per bere, quattro vanno in bagno per fare pipì, novantaquattro tornano a casa”. Se il giornalismo è, per altro esempio, “ho quarant’anni, quattro figlie e la sensazione di essere preso per il culo”. Oh yeah.

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