Recensioni / Le perle nascoste tra i fogli dimenticati di Beppe Viola

Canzoni, reportage, interviste immaginarie e no: un libro propone gli inediti di un grande scrittore. E non chiamatelo giornalista sportivo

Chissà se a Beppe Viola sarebbe piaciuto diventare totem, idolatrato anche da persone che lui avrebbe scansato come un giorno senza cavalli a San Siro. Insomma, diventare luogo comune, «ah la vecchia Milano col coeur in man, dove c’erano Jannacci, Gaber, Fo, il nebiùn, le osterie, Viola che intervistava Rivera in tram»… Peccato che Viola tutto fosse tranne che comune, e che tantissimi – spesso gli stessi che ora lo considerano un Mahatma – da vivo lo reputassero un simpatico mattocchio, ma sì, quello che inventa cose surreali, però lasciamogliele dire perché in fondo poveraccio, moglie e quattro figlie, una vita difficile, mamma Rai accoglie anche i figli sfortunati. Poi si sa, i giornalisti sportivi sono ragazzoni irrisolti che continuano a baloccarsi col pallone, mentre gli altri si occupano di cose serie.
Giornalista sportivo? Andiamoci piano: di tutto sapeva scrivere Viola, mica solo di sport. E Sportivo sarà lei è il titolo dell’antologia uscita da Quodlibet. Un libro per certi aspetti prezioso, per certi inquietante. E per gli stessi aspetti. Ovvero raccogliere inediti, bozze, scritti accantonati (e forse un motivo ci sarà stato): «fogli, foglietti e appunti», li definisce Giorgio Terruzzi. Ecco, tutto questo – ripubblicazione con aggiunte di Inediti e dimenticati del 1985 – è un dovuto omaggio a un grande genio della scrittura, o è un raschiare il fondo del barile e il prossimo passo sarà pubblicare liste della spesa e pensierini delle elementari? Una risposta sola non c’è: ognuno ha la propria.
Incontestabile invece che in ogni scritto, anche i meno riusciti o i più incompleti, ci sia almeno una perla. Una metafora, un paragone, un giro di parole, uno scatto sulla fascia, una riflessione parafilosofica, qualcosa che illumina la lettura e fa dimenticare i dubbi. Testi di canzoni: la prosecuzione di Quelli che… («Quelli che Fellini gli ha rubato l’idea, quelli che di ogni erba fanno un amaro»). Domande: una immaginaria intervista a Zavoli, allora presidente Rai («Più difficile realizzare un minuto di telegiornale sulla nebbia in Val Padana o un documentario sulla fame in India?»). Proposte per spot e film, racconti. Ritratti: strepitosi il rugbysta operaio Bollesan e lo scommettitore “Meazza”. Reportage: provate a immaginare Viola in Costa Smeralda, dove «l’aragosta è appena arrivata dal Bangladesh e servita nell’indifferenza generale». Più famigliare la stazione Centrale di Milano, «con queste arcate enormi dove tutto rimbomba spaventosamente e tu capisci tutto, meno quello che ti interessa». Ovunque, a piene mani, cioccolatini tipo «Il colore dei suoi occhi era quello che era, il solito. Anche il cielo non aveva nulla di straordinario».
Si chiude con l’accorato ricordo di Terruzzi dell’agenzia Magazine, che Viola creò a inizio ’82 (pochi mesi prima di morire): forniva reportage e commenti alla stampa locale, lui la chiamava “marchettificio”. Il sospetto è che anche i giornali di oggi lo siano. La certezza è che qui ci si diverta molto meno che li, con lui.

Recensioni correlate