Recensioni / Un anno di scuola

C’è questa cosa, nei racconti dei grandi narratori triestini, questa strana ricorrenza: come che la realtà descritta, l’essenza dell’epoca che a quella realtà fa da sfondo, avesse una consistenza più netta, più vera. Quasi che viste di sguincio, le italiche vicende non solo storiche – della Storia con la maiuscola – ma anche umane, le si mettesse a fuoco in modo più definito. C’è, qualcosa di tutto questo, anche in Un anno di scuola di Giani Stuparich. Che, certo, può essere considerato come un breve racconto di un periodo circoscritto – un anno scolastico, appunto, quello del 1909-1910 – della vita di quattro adolescenti: delle ansie e i dolori che s’accompagnano alla fine dell’età dell’incoscienza, dei primi amori vissuti come condanne, di quello strano senso di morte che coglie in tanti, a qualsiasi latitudine e epoca storica, tra i quindici e i diciott’anni. E già in questo, già se solo di questo si trattasse, la prosa di Stuparich risulterebbe sorprendentemente fresca – moderna, si direbbe, con una brutta parola – per essere quella di un’opera vecchia di quasi un secolo, e questo grazie a una esattezza essenziale dell’autore, una crudezza mai arida. Ma ovviamente questo libro, queste 69 pagine pubblicate per la prima volta nel 1929 e ora rilegate, a cura di Giuseppe Sandrini, nella bella edizione di Quodlibet, sono molto di più di questo. L’accesso di una ragazza all’ultimo anno di liceo in una classe di soli maschi, e gli sconvolgimenti che questa improvvisa irruzione provocherà negli equilibri dei rapporti e nelle vite dei tre amici protagonisti della storia, dice molto di quella che era non solo Trieste, ma l’Italia di quell’inizio di Novecento. Gli umori dei ragazzi, le mode letterarie, le repressioni di una generazione che di lì a pochi anni sarebbe andata a macerarsi in trincea, li si ritrova in queste pagine come descritti per la prima volta, forse perché analizzati senza lo scrupolo cronachistico di chi progetta a tavolino il romanzo storico, ma con la spontanea attinenza al vero di chi racconta la vita vissuta. Vissuta in prima persona, peraltro: dacché Altero altri non è che un alter ego dello stesso autore, e Pasini e Mitis, gli altri due studenti protagonisti del libro, corrispondono a Alberto Spaini e Ruggero Timeus, uomini di lettere realmente amici del giovane Stuparich. Sono le loro le esistenze stravolte dall’arrivo di Edda Marty, ragazza mezza slava e mezza tedesca, eterea e ineffabile eppure talvolta cinica e assai sicura di sé, una che “camminava leggera nel mondo” ma come sapendo l’effetto che il suo incedere faceva. La vita dei tre amici che si ferma, si contorce; la Storia che inesorabile sta per capitolare. E noi, lettori, che spesso, rapiti dal racconto, quasi ci dimentichiamo che come andrà a finire, in fondo, lo sappiamo già.