…quelli che come loro non ce ne sono più…
Divertire e divertirsi era il talento di Beppe, cronista controcorrente. Due libri raccontano due grandi amici-fratelli della Milano scomparsa
Era il 17 ottobre 1982. Una domenica. Beppe Viola stava montando il servizio relativo alla partita Inter-Napoli (2-2) quando muore, improvvisamente, in seguito ad un’emorragia cerebrale. Aveva 42 anni. Oggi, a distanza di 35 anni, la sua presenza nel mondo della carta stampata, e non solo, è più viva che mai. Merito anche di un libro, appena uscito, dal graffiante titolo «Sportivo sarà lei». Un modo per divertirsi ancora con gli scritti di Beppe Viola. Si parla di calcio: Milan, Inter, doping, moviola, presidenti, tifosi; ma anche di rugby, di amicizia, cavalli, donne. E poi ci sono interviste mai realizzate: decisamente uniche le trenta domande preparate per Sergio Zavoli, una serie di «quelli che» tagliati dalla canzone. Insomma il mondo creativo di Beppe Viola, mai fermo e sempre pronto a qualsiasi progetto, che fosse alternativo al tran tran quotidiano. Certo leggendo questi scritti, ti ritorna alla mente la sua voce: ti sembra di vederlo accanto a te, con quel suo sorriso sornione, con quella faccia che sembra ti voglia prendere un po’ in giro. Ma, soprattutto, con quella sua voglia di essere amico. Da queste pagine spunta il Viola uomo più che giornalista. Singolare anche la descrizione della nascita dell’agenzia giornalistica Magazine, altrimenti detta Marchettificio. «La scelta dei collaboratori – scrive Beppe Viola a Franco Carraro, presidente del Coni – viene fatta soltanto ed esclusivamente sulla base della mia simpatia personale. In tanti anni di marciapiede sappiamo perfettamente quali sono i giornalisti bravi, quelli modesti, chi becca la stecca e chi lavora seriamente e con competenza». Nel libro ci sono le testimonianze inedite della figlia Marina, autrice di «Mio padre era anche Beppe Viola», di Giorgio Terruzzi, noto commentatore sportivo e scrittore ma soprattutto allievo e grande amico di Viola, e di Marco Pastonesi, giornalista e scrittore che ai tempi lavorava per Vogue, il giornale «per abbronzati a novembre». Toccante il ricordo di Marina Viola dal titolo «Le parole nel silenzio», in cui all’inizio si gioca sulla parola «scomparso». E la figlia scrive: «Quando di lui dicono “giornalista scomparso nel 1982” mi viene subito in mente il mago Silvan e mi verrebbe da chiedere al suddetto mago per piacere di farlo ricomparire. (…) Beppe Viola giornalista è semplicemente scomparso: una domenica era a San Siro (ippodromo o stadio non importa) e la domenica dopo puff, è sparito. Poi anni dopo è ritornato, ripescato negli archivi della Rai, preso come una specie di esempio di “buon giornalismo” per provare a migliorare le telecronache che avevano raggiunto il massimo dei minimi termini. È ricomparso, ripescato dal cappello di Silvan, questo Beppe Viola che tutti adesso apprezzano ma che, bisogna ricordarlo, malgrado le sue lettere all’allora direttore della Rai in cui spiegava la sua situazione di stallo nell’ascesa della carriera, gli furono negati avanzamenti nella sua amata azienda».
C’è tanta amarezza nelle parole della figlia perché, a quei tempi, il genio di Viola non fu apprezzato a sufficienza. E c’è, soprattutto, rammarico ma, secondo noi, le figlie del Beppe dovrebbero – e penso lo siano – orgogliose di loro padre: saper andare fuori dalle righe non era da tutti e lui, in questo, era certamente «tre metri sopra il cielo». Gli anni, in tutto ciò, sono stati galantuomini perché ci hanno permesso di godere appieno della grande creatività, e pensiamo unicità, di uno «sportivo» come Beppe Viola.