Recensioni / Una questione di Derby

Attraverso gli scritti «volanti» di Beppe Viola i pensieri di un personaggio da non dimenticare

Sportivi sarete voi. Sembra essere questo l’assunto di Beppe Viola, che dello sport fece la sua professione alla Rai, dove entrò nel 1961. Era nato a Milano nel 1939, in una casa di piazza Adigrat a breve distanza dall’aereoporto di Linate, che nei suoi primi anni di vita, durante la seconda guerra mondiale, era stata presa più volte di mira dai bombardamenti. In quel quartiere popolare, Beppe Viola aveva imparato l’etica dagli operai, ai quali per un grande senso di rispetto dava sempre del lei, contrariamente ai dirigenti degli apparanti sportivi elefantiaci, ai presidenti di calcio e a quelli della Rai, ai quali veniva spontaneo per quel suo senso dissacrante dare del tu. Era un giornalista anomalo e irriverente, non aveva la tessera della Democrazia Cristiana, un partito che per mezzo secolo ha dominato la politica italiana e asservito l’informazione al potere, in primis quella radiotelevisiva. Il suo stipendio non registrava mai scatti di carriera, e per quell’affronto fatto al partito di maggioranza doveva svolgere anche altre mansioni, tanto che in una lettera provocatoria indirizzata ai dirigenti Rai della sede di corso Sempione a Milano, dove lavorava, chiese esplicitamente se doveva iscriversi alla Democrazia Cristiana.
MAGAZINE
Quell’irriverenza l’aveva manifestata anche verso i vertici dello sport nazionale, quando, per arrotondare a fine mese sul finire degli anni Settanta fondò Magazine, un’agenzia di notizie sportive, e dopo sei mesi scrisse a Franco Carraro, presidente del Coni ed espressione massima di quel potere industriale-calcistico che correva sull’asse Milano-Torino, per darne l’annuncio: «La scelta dei collaboratori viene fatta soltanto ed esclusivamente sulla base della mia (e dei miei tre soci) simpatia personale. In tanti anni di marciapiede sappiamo perfettamente quali sono i giornalisti bravi, quelli modesti, chi becca la stecca e chi lavora seriamente e con competenza. C’è poi il discorso, non secondario, del linguaggio. Non vengono ammessi coloro i quali scrivono «la palla attraversa tutta la luce della porta», «il centrocampista va a battere», «il ginocchio è in disordine» e via dicendo. Magazine è nata senza sponsor, né grandi ambizioni se non quella di metterci in proprio per cavare qualche soddisfazione mantenendo le mani pulite». Basterebbe questo passo per arginare almeno in parte la retorica, la mediocrità e la supinità dell’informazione sportiva di oggi. L’rrequietezza di Beppe Viola andava di pari passo conia sua ironia, disarmante e dissacrante, chi fosse incuriosito dai suoi scritti e da quello che ha fatto nella sua breve vita, perché una domenica di ottobre del 1982 se lo portò via a 42 anni, mentre era a fare il suo lavoro a San Siro, può leggere Sportivo sarà lei (Quodlibet, euro 17), una raccolta di scritti che vanno dal calcio al cabaret, dai soggetti per film, agli spot pubblicitari, a testimonianza della sua poliedricità, alcuni scritti con Enzo Jannacci, tra i quali La Stazione Centrale, Cartoline, La grana, Il piedagogo, L’uomo in fila, La storia del Mago.
IL DERBY
Beppe Viola oltre ad essere stato un valido giornalista sportivo, scriveva testi per autori che passavano per il Derby Club, lo storico tempio milanese del cabaret di via Monte Rosa fondato da Gianni Bongiovanni, oggi occupato dai giovani del centro sociale il Cantiere, dove si formarono tra gli altri Teo Teocoli, Bruno Lauzi, Cochi e Renato, Massimo Boldi, Diego Abbatantuono, Paolo Villaggio, che spesso arrivavano a casa di Beppe Viola a sera, rendendo impossibile il sonno alle quattro figlie, come racconta la primogenita Marina: «Quando arrivavano i suoi amici a casa, noi a una certa ora dovevamo andare a letto, ma era difficile addormentarsi, perché le risate erano sonore e continue». Una volta che Marina alle scuole medie incise sul linoleum della palestra il suo nome e i genitori furono convocati urgentemente dal preside.
JANNACCI
Beppe Viola mandò Enzo Janancci che si presentò davanti al dirigente scolastico e disse: «Sono Enzo Jannacci, quello di Vengo anch’io no tu no allora cosa avrebbe fatto di grave questa ragazza?». Naturalmente la figlia di Viola-Jannacci fu scagionata, con quella sua modalità Beppe Viola sapeva prendersi in giro, oltre che prendere in giro gli altri, sapeva sdrammatizzare. Negli ultimi tempi c’è stato un revival di Viola, è stato rispolverato e messo in circolo, soprattutto dai dirigenti Rai, preoccupati del basso livello del giornalismo radiotelevisivo e la figlia maggiore Marina mette in guardia: «Dalla platea salgono applausi scroscianti per la ricomparsa di Beppe Viola, di cui adesso si dice che era un fuoriclasse, uno avanti di vent’anni, uno che non fece carriera perché troppo avanti. Trent’anni di ritardo». Sportivo sarà lei è un libro da leggere e mettere da parte, ma mai troppo distante, per allungare la mano aprire qualche pagina a caso e rileggere, perché negli scritti di Beppe Viola troverete ironia imprevedibile e tristezza, c’è sempre da ridere, da meditare e da imparare.

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