Recensioni / Paradisi terrestri

Non chiamatele erbacce, ma piante spontanee che partecipano alla progettazione di un giardino, parola di Gilles Clément

Facendo un parallelismo con le teorie dell’abate Sieyès «sull’avvento di una nuova classe sociale che avrebbe dato vita alla Rivoluzione francese, Gilles Clément, agronomo, entomologo, paesaggista, docente all’Ecole Nationale Supérieure de Paysage a Versailles e scrittore, ha rivoluzionato l’approccio al paesaggismo e si è guadagnato il ruolo di guru nell’ambito della cultura del verde. Clément, infatti, ha spostato l’attenzione sui terreni incolti, dismessi, e sulla capacità delle piante vagabonde di appropriarsene per dare vita a un giardino in movimento, destinato a diventare planetario. Applicando questa idea del verde, ha firmato a Parigi il progetto del Parc André Citroën sul terreno della ex fabbrica automobilistica, i Giardini della Défence e del Musée du quai Branly, il Parco Matisse a Lille, e, a Torino, il giardino Mandala realizzato sul tetto del PAV (Parco Arte Vivente). Attualmente impegnato con progetti in Francia e in Cina, Clément è stato in Italia per ritirare il premio Per un giardinaggio evoluto 2017, conferito da Orticolario, la manifestazione che si tiene ogni anno a Villa Erba, a Cernobbio. Durante l’incontro con il pubblico, Clément ha ricevuto un’accoglienza da rockstar, in una sala stracolma di persone. Con un’aria pacata e un po’ schiva, di chi ancora si stupisce di tanta popolarità, si sforza di parlare in italiano. E quando la complessità del discorso richiede l’aiuto di una traduzione, mantiene comunque l’empatia con un pubblico che non si perde una sola delle sue parole. Racconta del suo giardino privato, la Vallé, a Crozant, nel centro della Francia, che considera il suo primo laboratorio. Dice di aver cominciato dall’orto, poi si è concesso di «limitarsi a osservarlo per capire ogni giorno quello che accadeva». Ed è proprio sulla capacità di interpretare il giardino che si basa la sua idea di paesaggio: «Un progetto concreto che avvicina il nostro lavoro a quello di un giardiniere più che a quello di un architetto, perché si interagisce con il terreno e ciò che è vivo». Paladino della biodiversità, nemico della privatizzazione dei risultati delle ricerche sui semi, Clément ricorda: «Tutti mi avevano insegnato a usare diserbanti e pesticidi per uccidere le piante, nessuno mi aveva stimolato a proteggere. Io, invece, ho scelto di conservare anche ciò che non ho deciso di piantare, eliminando solamente, e in modo ponderato, quello che può dare effettivamente fastidio». A lui, infatti, si deve l’affrancamento di tutte quelle erbacce perenni che, con manutenzione zero, abbelliscono in ogni stagione le molte aiuole cittadine. Di libri, Clément ne ha scritti diversi, ma quello veramente speciale è Ho costruito una casa da giardiniere (Quodlibet, 16 curo), in cui racconta soprattutto quanta cultura ed esperienza richiedono le idee apparentemente semplici.