Recensioni / Masullo, un firmacopie da popstar

Il filosofo presenta tra i giovani «L’arcisenso»: «La solitudine mi accompagna da sempre»

Aldo Masullo, professore emerito di Filosofia morale, 95 anni tra una settimana, ha presentato ieri alla libreria Feltrinelli L’Arcisenso. Dialettica della solitudine (Quodlibet), una raccolta disaggi in cui approfondisce i temi di una vita intera. A discutere con lui Gennaro Carillo e Matteo Palumbo. Nel pubblico, oltre l’assessore alla Cultura Nino Daniele e il presidente dell’Istituto italiano per gli studi filosofici Massimiliano Marotta, tanti ex studenti ma soprattutto molti giovani, accalcati anche sulle scale. Tutti erano curiosi di ascoltare Masullo, con la sua straordinaria capacità oratoria, riflettere su temi come relativismo, dolore, vita, silenzio, grazia e ovviamente solitudine. Una sala piena con gente in piedi per ascoltare un filosofo, di questi tempi già è una bella sorpresa. Ma forse più che della presentazione di un filosofo si dovrebbe parlare dell’incontro con una delle coscienze critiche della città più apprezzate e ben volute, vistala frequenza degli applausi e un firma copie incessante. Anche perché Masullo, annullando ogni distanza con i suoi lettori, ha sottolineato che alla base del libro non c’è una astratta ricerca filosofica ma un bisogno di carattere esistenziale.
«Sono meridionale di origine, ma sono cresciuto nel primo decennio della mia vita a Torino», ha raccontato, «una città socialmente fredda in cui i rapporti umani erano estremamente discreti. Così io, da figlio unico di una famiglia povera, sentivo tutto il peso dell’isolamento. Poi a dieci anni ci siamo trasferiti a Nola e mi sono trovato catapultato in una società molto calda, e ho avvertito la difficoltà di passare da uno all’altro dei modi di vita». Insomma fin dalla prima adolescenza Masullo ha avvertito il bisogno di capire meglio il patimento della solitudine. D’altra parte, ricorda Masullo, anche Croce sosteneva che alla base del desiderio di fare filosofia c’è sempre il desiderio di dare una risposta a un problema intimo che non si riesce facilmente a risolvere. «Tutta la mia vita ho cercato di dare risposta a questo problema dell’isolamento», ha detto.
Il punto di partenza è la convinzione che l’uomo sia per natura desideroso o, per dirla con il suo lessico, «desiderante», di relazione con gli altri, ma nello stesso tempo impotente a realizzarla appieno. Perché è vero che l’uomo diventa tale in mezzo agli uomini, nelle relazioni, ma è altrettanto vero che per quanto si possano instaurare relazioni, queste sono sempre incomplete. C’è più di un limite nei rapporti e nella comunicazione con gli altri, perciò alla fine la solitudine è invalicabile.
«Eppure, questa consapevolezza di una incomunicabilità di fondo che può risultare a prima vista pessimistica, aiuta anche a non assolutizzare nessuna verità, a considerare relativa ogni certezza. Così la sensazione di essere stati trattati con crudeltà o ferocia dagli altri può sfumare, e prendere un sapore meno amaro», ha sostenuto Carillo.
Insomma la solitudine può portare a un incattivimento, a un atteggiamento di ostilità nei riguardi degli altri, però intuire questa impossibilità di superare la solitudine ci porta anche a una maggiore comprensione delle ragioni degli altri, soli come tutti. Non a caso, cagli episodi della sua formazione filosofica in Germania negli anni Cinquanta, Masullo ha ricordato il sodalizio con studiosi eccelsi, ma anche la «protettiva amicizia di un raffinato gentiluomo napoletano, di professione “magliaro”».
Altro punto di suggestione del libro è il grande tributo al pensiero meridionale, a partire da Lucrezio, Giordano Bruno e Vico, per poi arrivare fino a Leopardi. «All’interno del pensiero leopardiano Masullo mette l’accento sul ruolo del corpo e del dolore nella costruzione del pensiero. Uno dei passaggi più importanti è legato al peso della sofferenza nella esistenza quotidiana, soprattutto quella fisica, contro la quale abbiamo poche difese. E quando proviamo dolore, allora dentro di noi succede qualcosa che ci fa sentire la vita per come non la possiamo comunicare», ha sottolineato Palumbo.