Recensioni / Four books

«La critica architettonica, e perciò la storia dell'architettura, non serve soltanto a far rivivere il passato o a consacrare con un premio I opera di questo o quell'artista contemporaneo: essa decide le sorti stesse dell'architettura antica e moderna».

Siamo nel centenario della nascita di Bruno Levi. Tra le iniziative che celebrano questo anniversario, la ristampa anastatica di Architettura in nuce è un momento importante per due motivi. Il primo è legato alla speranza che questo libro rientri nelle scuole, per sopportare la storia e la critica dell'architettura, che negli ultimi anni non rappresentano più un momento fondamentale nella formazione degli studenti dl architettura. Il lavoro degli storici, purtroppo, viaggia su un binario parallelo a quello degli architetti, nessuno guarda più il lavoro degli altri, spesso quella critica operativa e coinvolgente tanto amata da Zevi è passata nelle mani di architetti che affiancano alla loro attività di progettisti quella di studiosi della storia. Una sperimentazione e un'azione di reinterpretazione la loro, utile allo sviluppo del progetto, che sarebbe piaciuta molto a Bruno Zevi.
Il secondo motivo, il più importante, risiede nel fatto che a distanza di quasi sessant'anni questo libro risulta ancora di grande attualità per il modo in cui i testi si relazionano con le immagini nell'intento di indagare e capire lo spazio.
247 pagine e circa 399 illustrazioni danno la dimensione di come Bruno Zevi sia stato capace di anticipare i tempi. Il suo discorso critico, infatti, non era costruito solo sulle parole ma sulla sequenza di immagini, che diventavano un testo dentro il testo. Questo non significa che Zevi avesse bisogno di illustrare le sue parole. Egli sentiva la necessità di procedere con il ragionamento facendo viaggiare il lettore tra le immagini.
Zevi ha amato appassionatamente le fotografie, preferiva sequenze invece che immagini singole scelte unicamente per rappresentare l'oggetto architettonico. Cercava di restituire, attraverso le sequenze create tra tempi e luoghi, la complessità dello spazio. Sembrava interessarsi di più all'opportunità che queste immagini offrivano all'osservatore; spesso le accompagnava con lunghe didascalie.
L'uso dell'immagine è una forma di interpretazione non razionale che procede per associazioni di idee, analogie di forme e di senso, spesso focalizzandosi su un dettaglio dell'immagine, secondo un principio che per certi versi prefigura la teoria del Punctum di Roland Barthes!
L'immagine è per Levi uno spazio aperto, un supporto efficace per chi guarda. Il documento fotografico diventa un potente strumento di stimolo e di rigenerazione poetica.
Questo è il libro che forse meglio rappresenta la sua maturità. Architectura in nuce è infatti tanto un omaggio all'estetica di BenedettoCroce quanto un'originale applicazione della dialettica all'architettura, la costruzione di un discorso di senso che ripercorre la storia secondo una logica non lineare, che segue il filo dell'interpretazione critica dell'autore.
Il libro è diviso in tre parti. La prima, la più teorica e quella forse più complessa, in cui l'autore attraverso una sovrapposizione di citazioni cerca di dare una definizione dell'architettura; la scrittura cerca di definire il significato di spazio partendo dallo spazio interno, vero e proprio centro del discorso. La seconda si sofferma sul metodo e sui problemi della storiografia, Zevi rafforza la sua posizione personale rileggendo la storia che è stata già scritta. La terza dimostra la necessità di far convergere nulla sua idea di architettura altre discipline che fino a quel momento mantenevano una propria autonomia: ingegneria, urbanistica, design scrivono lo spazio.
Levi non fa altro che cercare di tradurre in chiave architettonica la tripartizione crociana di poesia, non poesia, anti poesia. Questa edizione è arricchita da una prefazione di Rafael Moneo che aveva tradotto il libro in spagnolo. L'architetto spagnolo sostiene che in Architectura in nuca troviamo «uno Zevi allo stato puro. Uno Zevi intelligente, perspicace, attento, entusiasta, sottile, con il senso dei tempi, mordace, hen informato, che domina con scioltezza le fonti... ma sempre dalla parte di ciò che intende come lo sforzo dei ribelli contro i potenti».
Chiude questa nuova edizione un saggio di Manuel Orazi, il quale ripercorre le tappe della carriera accademica dl Zevi, la sua fascinazione per le teorie di Croce, ma anche il suo rapporto con Tafuri e lo IUAV di Venezia. Un testo necessario dopo la rilettura del libro, perché con una debita distanza riesce ad analizzare l'idea di critica operativa e la sua influenza sul dibattito nazionale, fino alla sua totale scomparsa.
Concordo con Orazi quando scrive che «l'eclissi della critica operativa ha portato la storia ad allontanarsi completamente dalla progettazione. Mentre un tempo i migliori progettisti temevano o almeno tenevano in considerazione i giudizi dei principali storici...»