Recensioni / La sua vita, signore, è fuori dalla realtà

«Delirio faticoso e avvilente quello del compilatore di grossi libri, del dispiegatore in cinquecento pagine d'un concetto la cui perfetta esposizione orale capirebbe in pochi minuti! Meglio fingere che questi libri esistano già, e presentarne un riassunto, un commentario».
«La storia di una letteratura inesistente (ce n'è appena un accenno in Borges) potrebbe essere un bestseller eccezionale. Purtroppo, solo un genio potrebbe scriverla in modo soddisfacente».
Rubo le epigrafi (la prima di Borges, la seconda di Montale giornalista) dall'insidioso nonché giocoso opus di Stefano Tonietto, Letteratura latina inesistente. Ne abbiamo scritto in sede di recensione, ci si permetta di tornarci brevemente, in virtù delle questioni che ha il coraggio - mai termine fu più sensato - di tentare di riaprire, delle zeppe che tenta di infilare nella ruota vorticosa del realismo criminoso che ci affligge. Concetto (dovere, superio) sconosciuto in antichità che non troppo si turbava per la presenza o assenza della mimesis. Tonietto ha creato un piccolo capolavoro del verosimile, sfruttandola, la realtà, a scopi spudoratamente detournanti. Ma si faccia un piccolo gigante passo indietro (per l'umanità): cos'è, perdio, reale? La domanda è di per sé nugolo di trabocchetti, ma oggi? Oggi una tela di ragno ad alta viscosità in cui le mosche ronzano appiccicate, senza neppure funger da cibo a un predatore reale, ma consumandosi per inedia in un ronzio d'ali frastornante. Il pensiero corre, inevitabilmente, al Manganelli della letteratura come menzogna, orgoglioso manuale di resistenza scritto in tempi già sospetti ma forse non ancora paranoidi. O, filosoficamente, all'intuizione presocratica di quello che poi sarebbe stato depotenziato in nichilismo. Per quanto ne sappiamo, nulla c'è. Ma, soprattutto, a prescindere dall'eventuale esistenza, non è di fatto comunicabile. A che pro, dunque, una letteratura reale? Tonietto sfrutta, lui sì borgesianamente, il semplice assunto che il reale non è garantibile. Potrebbe essere - e per la letteratura antica, abbarbicata alla sua tradizione tormentata, sottoposta al più esoso dei culture clash, quello con il dogma cristiano, il discorso vale a maggior ragione - una colossale invenzione, suffragata da secoli di accademia e filologia, di imitazione e venerazione. Cosa ci impedisce dunque di costruire - castello di carte tanto fragile quanto perfetto - una realtà letteraria parallela, vivente in personaggi plausibili a volte più di quelli realmente esistiti? Know your enemy, e il dado è tratto. Si prendono segmenti di realtà comunemente accettati, li si incasellano nelle forme (il gergo della filologia, le note, i tic professorali, i riferimenti bibliografici tanto puntigliosi quanto fallaci) che sono, loro sì, pienamente sostanziali, e li si chiamano a suffragio di un falso che vuole essere, e quindi è, assolutamente vero. Il tutto, qui, con scopi eminentemente ludici (e quindi forse più sovversivi ancora, ma questa è un'altra storia). Ma, dubbio atroce: non è che forse il discorso politico sempiternamente corrente si avvalga di siffatte dinamiche? Ai posteri, se ci saranno, il giudizio. Qui basti dire che tutto, in questo manuale di letteratura a uso scolastico, è perfettamente credibile e quindi attonitamente incredulo. E la lettura del suddetto funge da generatore automatico di ulteriori domande scomode. Chi è un autore? La galleria dei ritratti è lancinante: perché il teorico della politica Ottaviano Angusto dovrebbe essere meno vero del suo più illustre - e dannoso - quasi omonimo? O Floscio Gallo, retore prestato all'ars amandi che applica al sesso le partizioni oratorie di Quintiliano. Vengono qui restituite le risposte di Lesbia alle flaccide o irose profferte catulliane. Si tenta di ricostruire le opere di Virgilio solo a partire dalle ridondanti citazioni. Roba da specialisti, si dirà. Da amanti del logos. Indubbiamente. Ma come non immedesimarsi nei dolori del giovane o vetusto filologo, che porta il gioco al livello successivo: imitare uno studioso che imita un testo (e qui, di nuovo il Manganelli del Nuovo commento). Bistrattata figura, relegata nelle polveri fiocamente illuminate dei dipartimenti di studi classici. Eppure, lui più di ogni altro rappresenta la quotidiana lotta del letterario per sopravvivere, oggi più che mai, nonché la struggle for life del bene ritenuto più prezioso e più evanescente: una qualche identità. In qualche modo, eroico. Uno scienziato dell'assenza, un fisiologo della lacuna, un fenomenologo del vuoto (le cruces!). Se noi comuni mortali leggiamo un testo, lui vede l'assenza attorno al testo, freme per l'apoteosi della congettura. Non nel romanzo, non nella tirannia del narrato andrà trovata la salvezza della prosa, ma qui. In un pugno di scrittori del fantastico per interposta verosimiglianza. D'altronde, il potere dei testi perduti sta proprio nel fatto di essere infinitamente riscrivibili. «Se dunque internet è un mercato dell'identità e la crittazione ha reso l'utente medio un fantasma - uno pseudonimo, un simulacro, un riflesso, allora, in questo contesto, solo il nostro potere d'acquisto ci rende reali, e quell'io di cui ancora possiamo disporre è bersagliato da offerte di potenziamento da parte di aziende di marketing e compagnie telefoniche che poi trasmettono i nostri dati ai governi, i quali mirano a renderci nuovamente visibili nell'interesse della sicurezza nazionale». (O'Hagan, vedi infra). Non si dice certo da oggi, e c'è chi pratica in maniera efficace e - ovvio - moralmente discutibile le potenzialità dell'assenza. Limitandoci alla letteratura, chissà che un utilizzo vagamente più consapevole della menzogna non ci riconduca perlomeno alla riconquista di un qualche tipo di piacere di lettura? Sarebbe poco? Per quanto riguarda il senso dell'identità, la fine del vero e del falso (nella vita, qualunque cosa essa sia), l'eccesso (o la mancanza) di liquidità nell'innominabile attuale, beh, citando un illustre, verrebbe da dire: preferisco di no. Ma possiamo approssimare il worst case scenario con un paio di case studies. «Se avete la pazienza di seguirmi»...