È un scoperta che non smette di sorprendere - scrive il dano-groenlandese Knud Rasmussen, futuro padre della moderna
eschimologia-il fatto che davvero, nella nostra rapidissim epoca, ci si può trovare di fronte a persone che sembrano appena uscite dalla mano della natura». Era il 1910 e il grande esploratore aveva appena fondato, insieme all'amico Peter Freuchen, la stazione commerciale «Thule», sull'estrema punta occidentale della Groenlandia, a Capo York.
Nato a Jakobshavn o Ilulissat, la «città degli iceberg», Rasmussen era figlio del pastore locale, la bisnonna della madre era
groenlandese e le tradizioni del suo popolo in famiglia non erano state dimenticate. Rasmussen parlava la lingua degli Inuit e sapeva governare perfettamente la slitta trainata dai cani, con la quale avrebbe ripercorso il passaggio a Nord-Ovest solcato da pochi anni, per la prima volta, dal norvegese Roald Amundsen.
I materiali raccolti
A partire dal 1912 Rasmussen avviò una serie di esplorazioni, le cosiddette «Thule», ma è stata quella compresa fra l'estate
1921 e il dicembre 1924a conse- gnare il suo nome alla storia. Attraversò il Canada artico, partendo dalla Groenlandia fino
all'Alaska, accompagnato da sei Inuit di Capo York e da un gruppo di studiosi: l'inseparabile amico Peter Freuchen, cartografo e naturalista, l'archeologo Therkel Mathiassen, l'etnologo e geografo Kaj Birket-Smith, due assistenti scientifici, Helge
Bangsted e Jakob Olsen e, dal 1923, il fotografo Leo Hansen.
Sembrava
l'entusiasta
brigata
nordica
che
nel
1761
lasciò il porto di Copenaghen alla volta dell'Arabia Felix, la prima grande spedizione scientifica danese dalla quale fece però
ritorno
solo
il
cartografo Carsten Niebuhr, la cui vicenda sarebbe poi stata raccontata
dal
giornalista
danese Thorkild
Hansen
nel
1962
in Arabia
Felix,
appunto,
un
ro-
manzo
che
ha
fatto
la
storia della letteratura danese. Ma la spedizione
di
Rasmussen
ebbe
un
esito
positivo:
gli
oltre 20.000
oggetti
raccolti
tra
le popolazioni
Inuit
del
Canada artico, le centinaia di foto e i disegni non finirono dimenticati
nei
sotterranei
degli
istituti scientifici di Copenaghen, come le casse che i botanici, i naturalisti e cartografi del Settecento
avevano
inviato
in
patria dallo Yemen. Il
materiale
documentario raccolto
da
Knud
Rasmussen
è tuttora visibile presso la Raccolta
Etnografica
del
Nationalmuseet di Copenaghen, insieme a 5500 pagine di studi, più
due corposi tomi dal titolo Fra Gronland til Stalehavet (Dalla Groenlandia
al
Pacifico),
editi in danese nel 1925-26 e usciti inversione ridotta per un pubblico più vasto nel 1932 con il titolo di Il grande viaggio in slitta, di cui esiste una traduzione italiana del 2011 a cura di Bruno Berni per Quodlibet.
Della
straordinaria
V
Spedizione Thule, un discorso a parte merita l'escursione compiuta
da
Rasmussen
insieme
a due Inuit attraverso Canada e Alaska, fino a toccare rapidamente
il
continente
asiatico, dove
gli
furono
negati
i
permessi
per
sostare
nel
territorio
sovietico.
Abbandonata temporaneamente
la
base
comune, «il mantice», a Danish Island, da dove partivano le diverse puntate dei membri della spedizione intorno alla Baia di
Hudson,
Rasmussen
volle entrare
in
contatto
con
tutte le
tribù
Inuit
conosciute,
per studiare le analogie tra la cultura che coltivavano in Groenlandia e quella diffusa nel Canada,
separate
da
una
migrazione di quasi un millennio. E in
questa
circostanza
che
avvenne
l'incontro
con
lo
sciamano
Aua,
prima
e
dopo
la sua conversione al cristianesimo, una vicenda raccontata attraverso scelte di brani elegantemente tradotti (tratti dai due tomi di Dalla Groenlandia al Pacifico) in Aua (traduzione e introduzione di Bruno Berni, Adelphi, pp. 190, € 18,00).
Un incontro in due fasi
L'incontro con lo sdamano della
tribù
degli
Iglulingmiut,
su un'isola del Bacino di Foxe, si svolse in due fasi: la prima nel gennaio
del 1922,
quando
Aua era ancora fedele alla sua tradizione e operava come sciamano, la seconda esattamente un
anno
dopo,
quando
aveva «congedato
i
suoi
spiriti
ausiliari» e sugli igloo dell'accampamento
di
caccia
della
tribù sventolavano
tante
bandiere bianche,
simbolo
della
rinuncia
all'antica
religione
pagana in favore della «fede del cielo». Grazie ad Aua, ora emancipato dai suoi spiriti e dunque disposto
a
rivelare
quei
segreti che
aveva
considerato
in
passato
troppo
sacri,
Rasmussen raccolse
il
materiale
orale
più completo che esistesse fino ad allora
sulla
cultura
sciamanica,
nel
momento
della
transizione tra due epoche e due culture, formando la base di ogni studio
successivo
sullo
sciamanismo,
in
primo
luogo
quello di
Jean
Malaurie
negli
anni Cinquanta.
Rasmussen nota con stupore come
un
popolo
costretto
più di altri a occuparsi quotidianamente
del
problema
dell'alimentazione - gli episodi di cannibalismo
nei
periodi
di
carestia dovuta al gelo, per quanto esecrati
dagli
Inuit
erano
frequentissimi - sia tuttavia votato a coltivare una profonda spiritualità: «ciò avviene - annota - sempre
partendo
dall'incantevole
spontaneità
posseduta
da chi è costretto a basare le proprie teorie sulle parole vive che gli
sono
state
tramandate».
In un incontro ricostruito da Zacharias
Kunuk
e
Norman Cohn
nel
2006
per
la
Igloolik Isuma Productions nel film The
Journal of Knud Rasmussen, Rasmussen
dichiara:
«Nonostante tutti i nostri sciamani, siamo così ignoranti che abbiamo paura di tutto ciò che non conosciamo». Nel corso del secondo incontro con Aua, verrà accolto da «un povero inno cantato da persone che, in cerca di una verità,
avevano
trovato
qualcosa che aveva senso per la loro vita». La rapida conversione degli Inuit al Cristianesimo dà vita a una forma di culto ibrida: «Lo stato di natura fa di loro dei poeti, senza che loro stessi lo sappiano, e questa carenza di ortodossia acquisita dona alla loro rappresentazione l'infantile fascino che rende credibile il mistero». Questa stessa forma di culto
è
stata
raccontata
di
recente dal dano-norvegese Kim Leine nel suo grande romanzo
Il fiordo dell'eternità (Guanda, 2013), dove le certezze dogmatiche
di
un
pastore
danese
inviato in una colonia groenlandese alla fine del Settecento, si dissolvono
in
quella
religiosità primordiale,
promiscua
e
visionatia che il cristianesimo assume,
trarformandosi,
presso una coppia di Inuit convertiti e divenuti
nuovi
profeti. Le
altre
missioni Rasmussen nota che i racconti biblici sono accolti nello stesso modo
letterale
delle
leggende pagane; e «come in passato era
uso proteggere persone e animali dalle sventure grazie alla forza nascosta degli amuleti, così adesso era considerato naturale mettere il crocifisso al collo anche ai cani». La celebre V Spedizione Thule, al limite del mondo, non fu l'ultima di Rasmussen: tra il 1931 e il 1932 furono organizzate altre due missioni, ma nel 1933, nel corso della VII Thule l'esploratore
contrasse una infezione allo stomaco che lo condannò a una morte precoce.