Recensioni / Le coppie liquide e tristi ci portano all'estinzione

«La casa di cartone» di Moliterni descrive il loro declino, dalla passione all'indifferenza.

Fisiologia della coppia di fatto. Parafrasando, aggiornando Balzac (La physiologie du mariage) potrebbe essere il sottotitolo di questo romanzo breve e però vasto siccome scritto in prima persona plurale e con l'obiettivo di descrivere la prevedibilità sentimentale di una o forse due generazioni. La casa di cartone di Roberto Moliterni (Quodlibet) è quanto di meno romantico: lui e lei non sono anime gemelle, sono anime seriali. Lo leggi e ti viene voglia di fare l'esatto contrario, di non confonderti in alcun modo con due protagonisti così ordinari, programmaticamente anonimi. «Parliamo per minuti da soli senza avere risposta, facciamo monologhi, riceviamo monologhi»: e allora sei fiero di non aver mai mandato un messaggio vocale. «Siamo stati tutti feriti, traditi, delusi»: dunque sei orgoglioso di avere sempre teorizzato, in amore e non solo, la sprezzatura, l'indifferenza, anche a costo di farti considerare insensibile e mostro. Che poi è quasi lo stesso distacco di Moliterni: suppergiù coetaneo dei suoi protagonisti (è nato nel 1984), anch'egli residente a Roma (sebbene nato in Puglia e cresciuto a Matera), e troppo informato sui loro innumerevoli consumi per non condividerli almeno in parte, manifesta una freddezza che un poco sembra sociologia e un poco neo-neo-avanguardia (Aldo Nove, Giorgio Falco...). Ma scrive bene, se non fosse per quel continuo, mediocre «scopare» che dopo aver letto La casa di cartone finirai per usare esclusivamente nell'accezione di «spazzare con la scopa».
Nella prima fase del rapporto i due soggetti copulano moltissimo e molto inutilmente. È uscito da poco in Francia, su una rivista Gallimard, l'articolo firmato Martin Dekeyser che denuncia «la coppia, autonoma e innamorata, dissociata dalla famiglia e basata sullo sviluppo di una sessualità ricreativa». Una formazione sociale minimale, sterile, houllebecquiana.
I personaggi di Moliterni sono fatti col medesimo stampino, a riprodursi non ci pensano minimamente e siccome di tutto, anche di un corpo tanto desiderato, ci si stufa, ecco che appare un quattrozampe: «Intuiamo che un nuovo progetto comune - la scelta del gatto o del cane e poi il suo accudimento - potrebbe essere un'iniezione di vitalità alla coppia». Una volta c'era il viziatissimo figlio unico, ora c'è il viziatissimo gatto singolo: «Lo riempiamo di croccantini e scatolette pregiate». Leggi La casa di cartone e ti viene voglia di metterci del veleno per topi in quelle scatolette. «Il gatto ci accoglie miagolando, e ci fa sentire importanti»: così capisci quanto i due siano insignificanti.
Il libro è ritmato dalle visite all'Ikea e dagli acquisti di mobili e mobiletti che se non proprio di cartone, come fa sospettare il titolo, certamente non sono di noce massello. «Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo comprato un Lack. Costa sette euro e novantanove centesimi...». Chiamatemi pure snob, non mi offendo, ma io all'Ikea non ho mai messo piede e non sapevo cosa fosse questo Lack. L'ho scoperto guardando il sito: è un tavolino che in effetti costa pochissimo. Purtroppo nel mondo low cost c'è sempre un prezzo nascosto: «Da quando hanno fatto la loro comparsa il divano, le serie televisive e il Lack la tenerezza ha incominciato a prevalere sulla passione».
Come se ci fosse un collegamento fra tavolino svedese e calo della libido. Per Ikea La casa di cartone non è certo una buona pubblicità, i mobili sono causa di litigi, risultano difficilissimi da montare e subito dopo cominciano a scricchiolare. I pochi metri quadri che dovevano essere un nido d'amore diventano una gabbia rabbiosa e naturalmente la coppia scoppia.
«Le nostre relazioni non possono durare più dei mobili con i quali sono arredate le nostre case», sintetizza Moliterni. I mobili non sono più quelli di una volta ma la fisiologia della relazione è vecchia come il cucco: prima la passione, poi la noia, quindi l'infedeltà. «Gli ultimi accessi su Whatsapp, su Telegram o su Facebook diventano prove inconfutabili di tradimento». Qui torna buono proprio Balzac: «L'uomo che entra nel camerino di sua moglie è un filosofo o un imbecille».
Ovvio che nessuno dei protagonisti di questa storia così dolorosamente contemporanea sia un filosofo. Ecco piuttosto una coppia traballante che va alle mostre di Frida Kahlo, legge i libri in cima alle classifiche, beve spritz, mangia in pizzeria o al cinese o al sushi «all you can eat» (dunque, al di là delle apparenze giapponesi, sempre cinese), passa un mucchio di tempo sul divano a guardare film ma soprattutto Netflix perché «si guardano le serie quasi per dovere». Gente così è giusto che si estingua, viene da dire. Peccato soltanto che siano i nostri figli o i nostri fratelli, e che l'estinzione ci riguardi da vicino.

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