Recensioni / Poesia ad alta gradazione

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Venedikt Erofeev (Kirovsk, Urss 1938 - Mosca 1990) fu uno dei più originali e irregolari autori del dopoguerra. Mosca-Petuski (1970), la sua opera più importante, è uscita a cura di Carlo Zappi per Felitrinelli, 2004; e di Paolo Nori per Quodlibet, 2014. Il romanzo conobbe grande popolarità in Urss e circolò dattiloscritto nei circuiti non ufficiali della cultura moscovita. Pubblicato per la prima volta in Israele nel 1973, in Unione Sovietica solo nel 1988-89.

Lo scrittore avrebbe compiuto ora ottant'anni. Abbandonato in orfanotrofio dalla madre, sospeso dall'università per renitenza alla leva, cercò invano di farsi pubblicare. Condurrà fino alla fine, alle soglie del crollo dell'Urss, un'esistenza raminga.

Quasi nessuno sapeva che fosse uno scrittore, e i pochi a cui faceva leggere le sue cose credevano che raccontasse di sbronze colossali e sgangherate tresche amorose. Ma in realtà Venedikt narrava l'Urss dell'epoca brezneviana come nessun altro, definendola in tutta la sua aberrazione, sospesa tra uno slancio di redenzione e l'abbandono nichilista.
I suo scritti cominciarono a circolare clandestinamente, copiati a mano con carta carbone per non incappare nella censura della polizia che sorvegliava perfino le fotocopiatrici.

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