La prima volta che ho visto suonare l’AEOC è stata una delusione. Avevo visto decine di fotografie delle esibizioni fanfaresche quasi da Helzapoppin’ e mi aspettavo un palco stracolmo di decine di diverse percussioni: campane, gong, tamburi, grancasse, piatti, oggetti, fischi, tubi, sassofoni, batterie e congas, tutto insomma l’armamentario che aveva nei decenni costituito la scena e l’impatto prima visuale che sonoro della formazione chicagoiana.
Poi quella sera mancava Joseph Jarman, che per un paio di lustri si era sganciato dalle attività concertistiche del gruppo, e questo aveva ridotto ovviamente l’organico, ma anche l’impatto scenico. Jarman entrava in scena vestito da sacerdote orientale oppure con buffi copricapo africani.
Insomma si trattava di un’edizione al ribasso (o almeno così a me pareva), che mi lasciò un po’ deluso.
La lunga suite introduttiva, che metteva in evidenza un dispositivo sonoro e spettacolare studiato in ogni dettaglio, mi riportò subito in modalità venerazione. Stavo assistendo ad un concerto dell’AEOC.
La mia storia con L’Art Ensemble of Chicago sarebbe poi stata costellata di periodi di ascolto compulsivo, che si estendeva alle esperienze musicali dei vari membri, in particolare Lester Bowie e Roscoe Mitchell: i concerti della Brass Fantasy erano una gioia per lo spirito, si rideva e ci si infervorava, mentre Mitchell conduceva la sua riflessione rigorosa attorno alla musica contemporanea, e così i dischi, recuperati o attesi, erano continue esplorazioni nel mondo sonoro.
Ora è finalmente possibile mettere in fila tutte le domande che ci siamo posti, tutte le intuizioni che abbiamo avuto, leggendo un bellissimo libro che ha scritto Paul Steinbeck, intitolato Grande Musica Nera. Storia dell’Art Ensemble of Chicago, uscito ad inizio estate 2018 per i tipi di Quodlibet per la cura di Claudio Sessa.
Paul Steibeck è un musicologo americano che ha lavorato quattro anni alla stesura del saggio intervistando i musicisti sopravvissuti all’avventura dell’AEOC, amici, familiari, organizzatori e avendo accesso agli archivi della formazione, dove nel corso di quasi 50 anni di musica sono raccolte e locandine, le lettere i contratti e le partiture originali.
Steibeck racconta poi di aver avuto l’occasione di ascoltare registrazioni dell’AEOC in compagnia di Roscoe Mitchell o di Don Moye, e di poter arricchire la sua indagine storico musicale e musicologica proprio attraverso i commenti dei musicisti.
Grande Musica Nera, nella non ricchissima bibliografia in lingua italiana dedicata al jazz, che si concentra quasi esclusivamente sulle biografie, è dunque di notevole interesse perché riesce ad essere rigoroso sotto il profilo storiografico e non manca di approfondimenti a carattere musicologico. Tiene sempre presente la cornice socioculturale che caratterizzava l’ambiente AACM della Chicago degli anni 60 e sceglie di analizzare tre momenti musicali che sono altrettante cesure storiche nel percorso dell’AEOC: un album in studio del periodo parigino (Capitolo 4), un concerto che fece seguito al trionfale ritorno a casa dell’Art Ensemble (Capitolo 7) e una testimonianza visiva, anch’essa dal vivo a Chicago, degli anni Ottanta, decennio durante il quale la formazione raggiunse la maggior popolarità (Capitolo 9). Quindi i dischi A Jackson In Your House e Live At Mandel Hall e il concerto Live From The Jazz Showcase.
E come accade con i grandi libri dedicati alla musica lo si legge con un orecchio al giradischi (o al CD o a spotify fate voi) dove far passare le tante incisioni dell’AEOC disponibili o possedute, scorrendo le copertine che raccontano di questi 50 anni di attività creativa e musicale, tra maschere, strumenti, costumi e performance in tutto il mondo.