Se si pensa al lessicopolitico-filosofico contemporaneo, la centralità dell’opera di Giorgio Agamben appare evidente. Termini come «biopolitica», «potere sovrano», «nuda vita», «stato d’eccezione», «inoperosità» o come la differenza tra «tilos» e «zoé», nelle particolari accezioni proposte dal filosofo, hanno stimolato dibattiti tanto nelle aule universitarie, quanto negli ambienti della critica radicale alla società. Le sue analisi delle categorie politiche, teologiche e giuridiche, hanno contribuito in maniera originale alla comprensione del presente con un movimento a ritroso che ha svelato genealogie spesso illuminanti.
I nove libri del progetto Homo sacer, la ricerca che ha occupato Agamben negli ultimi venti anni, sono ora disponibili in un unico volume edito da Quodlibet. I testi sono suddivisi in quattro sezioni. La prima espone i cardini del ripensamento della tradizione occidentale attraverso il concetto di sacertà, ossia la vita uccidibile ma non sacrificabile, e corrisponde quindi al testo ormai classico: Homo sacer, ll potere sovrano e la nuda vita. La seconda è rivolta alle indagini che Agamben definisce archeologiche, con i capitoli: Maitium, dedicato all’attualissimo concetto di stato d’eccezione; Stasis, rivolto alla guerra civile come paradigma politico, anch’esso ricco di riflessioni per il presente; Horkos, sul giuramento e il sacramento del linguaggio; Il regno e la gloria, sull’evoluzione del concetto di oikonomia, che prima di essere «economia» nel senso moderno indicava, nel mondo greco, la gestione della casa e poi, nella patristica cristiana, l’amministrazione delle anime; e Opus Dei, un’archeologia del concetto di ufficio. La terza parte, Auschwitz. L’archivio io e il testimone, è rivolta all’etica di fronte all’orrore inenarrabile del campo di sterminio, già al centro di riflessioni significative del primo volume di Homo sacer. La quarta sezione comprende Altissima povertà, dedicato alle regole monastiche e L’uso dei corpi. In quest’ultima parte sono sviluppati concetti quali l’inoperosità, il potere destituente e la forma-di-vita, con cui Agamben ripensa la storia della filosofia. Non sono invece presenti L’aperto, rivolto al confronto uomo-animale e il commento alla Lettera di Paolo ai Romani intitolato Il tempo che resta. Questi due testi, benché non rientrino in Homo sacer, possono però essere intesi come ulteriori sviluppi di questo progetto. Il volume riproduce le singole opere con l’aggiunta di una bibliografia uniformata, un indice dei nomi e di un breve testo inedito intitolato Nota sulla guerra, il gioco e il nemico, posta al termine di Stasis. In questa nota, l’autore affronta la coppia amico-nemico, il controverso e spesso banalizzato concetto che il giurista nazista Carl Schmitt poneva come «criterio del politico». Schmitt è una delle figure più studiate e citate in questo imponente progetto, insieme ad Aristotele, Cicerone, Agostino, Tommaso, e naturalmente Heidegger e Benjamin. Con un po’ di ritardo rispetto al resto del mondo, dove gli studi su Agamben sono da tempo numerosi, stanno ora uscendo anche in Italia alcune monografie importanti, come l’interessante approfondimento di Ermanno Castanò, Agamben e l’animale – La politica dalla nonna all’eccezione (Novalogos), che ripercorre l’intera opera e vale anche da introduzione al suo pensiero, e il libro di Riccardo Panettoni, Giorgio Agamben – La vita che prende forma (Feltrinelli), che propone una lettura estetica, pubblicati entrambi quest’anno.