Recensioni / Vai Altrove per ritrovarti a casa tua

La religione dei Mazaniti non piace agli Hulaburi e li disgusta. Si sentono affondare in una vasta infezione appena ci pensano. Eppure per i Mazaniti la loro religione è l'evidente cammino verso la santità (...) Del resto hanno tre culti. Ma gli Hulaburi ne vedono uno solo. Uno che detestano». Lasciamo perdere che Mazaniti e Hulaburi esistono solo nella mente di Henry Michaux, ma a quanti contesti attuali potremmo applicare queste apparentemente surreali osservazioni? Apparentemente, infatti, perché Michaux, nel suo proporre una sorta di etnografia fantastica, fatta di popoli inventati che vivono in paesi altrettanto fantastici, in realtà ci propone un bestiario umano a volte ironico, a volte crudele, in cui ognuno può ritrovare le proprie manie, le proprie ossessioni, le proprie idiosincrasie. Questa bella edizione di Altrove (che riunisce la prima edizione originale del 1948 con quella successiva del 1967) comprende tre "viaggi" dell'autore in Gran Garabagna, nel Paese della Magia e a Poddema. Ad arricchire il tutto, una bella postfazione di Gianni Celati e Jean Talon sull'opera e la vita di Michaux. Con la lucida follia che ha sempre contraddistinto l'opera di questo scrittore francese, rivalutato tardi in patria e assai poco da noi, Altrove gioca, tra ironia e acume, a proiettare su quei popoli e quei paesi che vi vengono descritti le nostre debolezze e le nostre abitudini. Michaux a volte finge di utilizzare lo "sguardo da lontano" dell'etnologo, oggettivo, distaccato, ottenendo un effetto ancora più ironico. Così ci descrive gli Emangloni, popolo docile, timoroso, che però non tollera gli scapoli perché uno scapolo prima o poi «vorrà fondare una nuova religione, diventerà eccessivamente logico e onesto e non ci sarà più nessun piacere a vivere con lui». Uomini miti, capaci di mettersi a piangere se cade una foglia o un po' di polvere, ma che non possono sopportare di avere una mosca in una stanza, cosa che li fa diventare violenti. L'autore dice di aver vissuto a lungo alla corte di Kivni, dove si ordivano in continuazione intrighi, ma, dice: «Non sono mai riuscito a sapere a quale proposito, né a rendermi conto d'un vantaggio che qualcuno avrebbe potuto ricavarne». Mica tanto fantastica come descrizione così come quella degli Halalà dove i poliziotti fanno un tirocinio presso i banditi e viceversa e dove l'esercito è mantenuto a spese del nemico Hokoti, mentre quello Hokoti viene sfamato e appagato in tutte le sue richieste dagli Halalà. Le prostitute fanno da confidenti e da intermediarie e vengono tenute in alta considerazione dalla comunità.
Compagno di strada, più che seguace convinto, del movimento surrealista, Michaux, come molti protagonisti francesi di quell'epoca ha viaggiato e ha scritto dei suoi viaggi. E come molti surrealisti ha strizzato l'occhio all'etnografia. In quei libri, talvolta, le descrizioni delle persone che incontrava sembravano persino più irreali di queste. Lo stile svogliato di Ecuador o quello fulminante di Un barbaro in Asia, lo facevano sembrare un etnografo molto più scorretto di quanto non voglia apparire in Altrove, la sua realtà sembra più irreale delle descrizioni di quei paesi, popoli e animali fantastici che popolano questo libro. Leggendo attentamente queste pagine, ci accorgeremo come molte delle abitudini e delle fissazioni di queste genti, se non assomigliano alle nostre, ci ricordano qualcuno che conosciamo.