Recensioni / La «Melencolia I» di Dürer – Erwin Panofsky, Fritz Sax

Cari figli di Saturno e malinconici in genere, non potrete fare a meno di questo libro per scoprire come è stato codificato il vostro temperamento nella storia del mondo e quanta languida bellezza vi hanno dedicato Petrarca e Dante su tutti. Incipit, svolgimento.
Per chi ha frequentato i chiostri di una facoltà umanistica Erwin Panofsky non è certo una figura nuova nel panorama della critica d’arte, coi suoi libri il critico tedesco ha corollato diversi esami d’estetica in tutto il mondo.
Ma questo libro, scritto con Fritz Saxl, è una sorta di profezia del grande professore che diventerà Panofsky e della sua visione sinottica dell’estetica, primo vero lavoro del professore tedesco.
I complimenti sinceri a Quodlibet che con coraggio, ma anche lungimiranza, propone un testo così profondo e allo stesso tempo illuminante, in cui si gettano le basi per un rinnovamento dell’estetica e della ricostruzione della storia dell’arte.
Ma a parte queste quisquilie editoriali e storiografiche, il vero merito di questa pubblicazione è di essere un gioiello di melanconia e tristezza, di mondi lontani e freddi come quelli delle volte celesti che diventano parte integrante della nostra quotidianità all’interno della filosofia dei quattro temperamenti. Uno splendido viaggio fra le stelle e i pianeti, non dimenticandoci della prosaica vita di tutti i giorni fatta di lavoro, sudore, impegno e, ahimè, caducità.

La melanconia nella storia
Ma andiamo con ordine, prima che l’entusiasmo abbia il sopravvento.
Il problema centrale è capire che cosa aveva i testa Dürer mentre incideva Melanconia I, dove si ritrae una donna annoiata con alcuni strumenti da studio e da lavoro, un bimbo ed un cane. Il quadro, visto il titolo e l’ambientazione fantastica, lascia molte domande aperte, molte interpretazioni, anche vista l’equivocità contemporanea che assocerebbe il temine melanconico a caratteristiche negative, quali la tristezza o la rassegnazione.
Panofsky e Sax, per prima cosa, cercano proprio di inquadrare il termine nell’ambito delle età classica, medioevale e rinascimentale. Proprio nella collocazione temporale della melanconia si scoprono stratificazioni importanti del termine che assume sicuramente un significato astratto, con tutte le polarità che ne discenderanno, ma anche un senso legato alla concezione di Empendocle sui quattro temperamenti.
Si passa da una visione classica dei figli di Saturno come figure estreme, o geni o assassini, ad una visione sostanzialmente negativa del termine in tutta l’età medievale. Con Dante finalmente si giunge ad una brillante concezione dei melanconici come coloro che si dedicano in modo sincero alla pura attività contemplativa e intellettuale. Entrati nell’età aurea del Rinascimento toscano Saturno e i suoi figli melanconici si riprendono degnamente la luce e ritornano al centro del dibattito magico-naturale sui temperamenti e sulle predisposizioni che, come già detto, nel loro caso sono soprattutto un atteggiamento spiccatamente teoretico.
È con Pico della Mirandola che la ricostruzione storica del concetto di melanconia si chiude, e proprio il filosofo fiorentino influenzerà Dürer con l’immagine di un Saturno matematico e geometra, che fonda la sua conoscenza sullo spazio pur sapendo che anch’essa è limitata e poco certa. Ed è Pico delle Mirandola, che pur fondando il sapere sulla potenza del linguaggio matematico e geometrico (ancora fondato ovviamente sullo spazio), pone comunque l’incertezza della conoscenza teorica come base della vita contemplativa.
Immagine moderna, di una conoscenza mai fino in fondo raggiungibile quella del Mirandola, che influenzerà di certo il grande incisore tedesco nella rappresentazione di un personaggio così ambiguo come la sua donna con il compasso in mano che svogliata guarda il vuoto.

Profondità e bellezza Impossibile non rimanere sbalorditi dalle eccezionali parole di La «Melencolia I» di Dürer, libro a cui approcciarsi con grande serietà e determinazione, ma che ripaga di certo con la profondità e la bellezza delle sue pagine, tanto da non farvi staccare la testa fino all’ultima.
A completare questo volume una serie di appendici allo scritto principale che completano temi aperti all’interno del libro e in alcuni casi aprono questioni interessanti, come l’immagine dei figli di Saturno dopo Dürer.
Vanno segnalate inoltre una splendida appendice che rimporta passi scelti da Libri de vita triplici di Marsilio Ficino in latino e una bella parte dedicata alle tavole principali citate nel libro.