Recensioni / La rive gauche conquistata da Dolores Prato

Esce in Francia con meritato successo il poderoso capolavoro di Dolores Prato Giù la piazza non c’è nessuno (Bas la piace y’a personne, traduzione di Laurent Lombard e Jean-Paul Manganaro, Verdier, pagine 890, euro 35,00). Le vicissitudini del romanzo sono note: mia nonna Natalia Ginzburg ne fece un editing massiccio, tagliando di due terzi la versione integrale e modificando certe forme grammaticali; complessità preziosa poi restituita per merito dell’edizione postuma di Mondadori del 1997, e una successiva, più ampia, di Quodlibet. Ora la versione francese rende onore a quell’integralità, corredandola di un apparato di fotografie (bellissimi alcuni ritratti del volto della scrittrice, l’epressione fragile ma ferma dello sguardo). «Sono nata sotto un tavolino»: da questo incipit folgorante, già assertorio, coraggioso nella difficoltà, si dipana Giù la piazza non c’è nessuno, narrazione / fiume che ha al suo centro i temi del nascere e quello del venire riconosciuti nella propria identità di nati. Tra le sue ossessioni autobiografiche al pari che creative, Dolores Prato contava infatti quella dell’essere «non nata», «bastarda». Si definiva «una persona inconclusa»: perché figlia illegittima (frutto di una relazione tra una vedova e un avvocato, il padre non la riconobbe mai e la bambina venne adottata da un sedicente zio, di fatto prete del villaggio marchigiano di Treja, e la sorella di lui). Da quel destino commisto, un’inclinazione verso quel che è spurio; anche quando, quasi quarantenne, Dolores Prato si trasferisce a Roma e prende a frequentare ambienti cattolici e di sinistra (nella postfazione che firmano a due mani, i due traduttori rinvengono nel fatto elementi antesignani del “catto-comunismo” di Pasolini). La critica francese esalta la componente di documento storico del romanzo (ritratto dell’Italia di fine Ottocento e di un’altrimenti ignota vita dei suoi piccoli centri abitati, con apprezzatissime pagine sull’arrivo della luce elettrica in un mondo sino ad allora semirurale). Ma soprattutto, Oltralpe ci si sofferma sull’unicità della prosa («una specificità tale da rendere caduco il raffronto con Proust e la sua Cambray», ha scritto Bertrand Leclair sull’inserto «Le Monde des livres»). L’universo interiore profondo, dettagliato e poetico di cui Prato ci fa dono con la sua grande opera, risuona presso il pubblico francese per la “prosa luminosa”, e quelle straordinarie e tanto peculiari virtù descrittive sembrano restituire ai lettori stranieri un genere di romanzo mai incontrato prima, scrittura e forma inedite e che nello stesso tempo vanno incontro ad aspettative più “estetiche” circa l’Italia e le sue eccellenze letterarie. La mirabile penna di Dolores Prato trova corrispettivo di rara giustezza in questa versione di Laurent Lombard e Jean-Paul Manganaro, quest’ultimo artefice della felice operazione editoriale grazie a una suggestione di Vincenzo Consolo che gliene parlò vent’anni fa. Un caso di traduzione il cui coraggio in termini culturali viene premiato: grande successo postumo, per la Dolores Prato di Bas la piace y’a personne. A dire che la grande letteratura travalica ogni confine, e che i veri romanzi non conoscono passare del tempo. E certo non è poco.

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