Procedendo con metodo serrato nell’accogliere incroci e punti di vista e con composta scrupolosità nell’ordinare le fonti, nella comunicazione del proprio pensiero critico, Germano Celant si è più volte occupato di architettura. Al pari di quanto è avvenuto per il teatro, il corpo, i mass media o le installazioni sonore, l’indagine sul contributo offerto da architettura e design alla cultura del Novecento avviene in due modi: o per sequenze sincroniche, o per sequenze diacroniche. Il primo livello interessa l’organizzazione di mostre o le ricostruzioni tematiche; il secondo livello interessa le antologie di documenti storici e di contributi critici. L’antologia delle edizioni Quodlibet riunisce quarantotto saggi critici su personaggi o produzioni, pubblicati nell’arco di cinquant’anni. Nel lungo racconto si stagliano da subito le vive figure di molti protagonisti della contemporaneità, come Buckminster Fuller, Gio Ponti, Aldo Rossi, Zaha Hadid, Rem Koolhaas o Frank Gehry. In altri passi, si parla invece di tecniche, di matericità e ancor più spesso di materiali. Ecco quindi gli incontri con Enzo Mari, Massimo Vignelli o Vito Acconci. Nel ricorso ad un’analogia evocativa, infine, si trovano le chiavi critiche per ricostruire un ben delineato universo creativo individuale o epocale: il vetro vale per NYC, il legno per i modelli di Genova 2004, la polimateria per Ettore Sottsass o il caucciù per Geatano Pesce.