Recensioni / L’ultimo imperativo del designer radicale: datevi al bricolage

Con il Superstudio, tra il ’66 e il ’73, ha fatto la storia dell’architettura. Oggi, a 80 armi, Gian Piero Frassinelli esce con un libro, Design e antropologia (Quodlibet, pp. 272, euro 22, a cura di Gianfranco Bombaci), in cui offre chiavi di lettura a quell’universo che, pur dettando lo stile al mondo, fatica a trovare spazio nelle nostre case, e non soltanto per ragioni di prezzo.

Dove sta il design italiano?
«Non nelle nostre case. Già negli anni ’60 rappresentava un’eccezione, una nicchia. Il grosso del fatturato era appannaggio di distretti come Ponsacco e la mitica Cantù. Aziende di mobili vecchio stile, in alcuni casi copiati: erano quelle a fabbricare il panorama sconfortante che vedevamo intorno a noi. Il design dei maestri, ma anche il nostro, ironico e di contestazione, non facevano breccia, come non l’avevano fatta le sedie di Saarinen o le poltrone di Mies: nessuna delle nostre madri si sarebbe sognata di mettersene una in casa. Oggi Ikea e i mobilifici low cost sono i nuovi Ponsacco e Cantù.

Perché il design scandinavo ha prodotto Ikea e quello italiano no?
Forse per un retaggio della tradizione. Preferiamo la vecchia seggiola della nonna a una sedia ergonomica. C’è anche da dire che il design, con il comfort, ogni tanto è tornato indietro. Se poi mostro ai miei studenti le centinaia di modelli di sedia italiani, paragonati ai pochi esemplari dei Paesi in via di sviluppo, mi viene da pensare che il design ha complicato tutto inseguendo le mode. E così facendo ha finito per non dettare la linea dove ti aspetti che lo faccia».

Nel libro parla del bricolage come del «futuro della casa». Che vuol dire?
Il bricolage è una cartina di tornasole della capacità di progettare per sé stessi le cose che servono, una capacità che abbiamo perso. Da piccolo, mi faceva arrabbiare il fatto di vivere in una casa uguale a quella del mio vicino. Mi sembrava assurda l’idea di palazzi con case tagliate tutte alla stessa maniera, così trent’anni fa ad Amsterdam progettai un edificio con sessanta appartamenti diversi. Quando arrivò il costruttore, disse che in un negozio non possono esserci più di dieci cravatte: se ne trovo sessanta vado in crisi e non ne compro nessuna. Ecco, ci siamo talmente abituati a schivare la complessità che abbiamo perso l’attitudine a valutare e capire. Il bricolage, fuori dalla sfera dell’hobby, è un modo per riappropriarsi di una visione.

Ma così spariscono architetti e designer...
«No, anzi. Da demiurghi che impongono spazi diventerebbero tecnici di servizio definitivamente liberi. Una strada difficile, ma forse l’unica possibile.