Recensioni / Il ritorno della critica

Nelle scorse settimane ho realizzato un’inchiesta sulla critica letteraria per una rivista ordine, interpellando una sessantina di critici: nulla di straordinario, se non fosse che l’inchiesta, riguardante una cosa di solito ritenuta nicchia (se non cadavere), ha fatto registrare più di cinquemila condivisioni e quasi centomila letture. Non solo la critica era viva, ma era anche richiesta: delle quattro puntate, le più condivise erano quelle in cui le si chiedeva di suggerire o valutare libri - in una parola, di orientare. È apparso chiaro come, in un campo letterario sempre più simile a una nebulosa, con le medesime collane che possono contenere alta letteratura come materiale di mero rilievo commerciale (per tacere del generale clima di sovraproduzione), la funzione di selezione e messa in valore risulti ancor più cruciale. In effetti, non solo la critica è sempre più necessaria, ma - notizia! - sta anche bene, se è vero che due dei migliori libri del 2018 erano libri di critica come Biologia della letteratura di Alberto Casadei e La letteratura circostante di Gianluigi Simonetti.
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Modalità privilegiata ma anche pericolosa, come ricorda Walter Siti attraverso il saggio di Marco Mongelli, tra i ventidue che costituiscono l’esaustivo La realtà rappresentata, curato da Raffaello Palumbo Mosca. Proprio Siti ebbe a definire il romanzo come «l’ammiraglia che la letteratura può schierare rispetto alla cronaca e alla sociologia nel tentativo di venire a capo della realtà»: frase che io stesso usai nell’introduzione di un mio ibrido e che ben si adatta anche all’erculeo lavoro di Palumbo Mosca, dato che il suo libro riesce, anche grazie alla polifonia, a inquadrare quel nodo profondo (e ineludibilmente multiforme), che lega romanzo e rappresentazione del reale - e che va oltre la sua tendenza a integrare il saggio, dato che tale capacità rientra nella natura del romanzo, che è, per dirla con Gospodinov, «non ariana».