L'operazione editoriale
A 22 anni, ne11944, Pier Paolo
Pasolini a Casarsa fa esperienza
dei bombardamenti, del terrore
delle rappresaglie, che il giovane poeta associa agli antichi timori che a secoli di distanza rimanevano profondamente impressi nella memoria quotidiana di questa terra: nel XV secolo,
dai Balcani, arrivarono in Friuli
i Turchi. Scorrerie veloci, violentissime: la popolazione veniva
catturata, ragazzi e giovani donne venduti come schiavi. A Casarsa, si dice, avvenne un miracolo: le truppe ottomane non poterono guadare il Tagliamento
in piena e risparmiarono il paese, che fece un voto di ringraziamento ed eresse la chiesetta. Eppure l'idea di minaccia, dello
straniero, del mondo sconosciuto che arriva e mette in discussione le certezze, rimase nella
popolazione per i secoli a venire.
Scelta inedita
Il giovane Pasolini, già mente
brillante e fuori dallo standard,
in quel frangente e con quella
memoria storica scrisse I Turcs
tal Friùl opera teatrale che oggi
trova nuova edizione per l'editore Quodlibet, primo volume della nuova collana Ardilut di poesia bilingue (assieme a un'importante antologia della poesia
in dialetto di Zanzotto ed un'opera inedita del veneziano Francesco Giusti), curata dal filosofo
Giorgio Agamben (intellettuale
e amico di Pasolini, tanto da apparire nel film Il Vangelo secondo Matteo), pensata proprio per
sottolineare ancor più la straordinaria qualità della grande produzione poetica in dialetto italiana. «Agamben si era imbattuto
nelle mie poesie scritte nella
mia parlata e aveva apprezzato
il mio modo attento, non piattamente letterale, di tradurre i
miei testi in italiano - racconta
Crico - per questo mi ha cercato
e proposto questo lavoro che
aveva in mente da tempo».
Doppia traduzione
Un'edizione destinata a segnare un punto di svolta negli studi
pasoliniani, in cui si riporta non
solo il testo originale in friulano,
ma una doppia traduzione: quella letterale a cura di Graziella
Chiarcossi (cugina di Pasolini, filologa, che per questo lavoro ha
recuperato tutte le revisioni del
testo lavorando sui manoscritti)
e quella a cura dell'isontino Ivan
Crico - poeta in parlata dialettale, formatosi attorno alla cerchia culturale di Amedeo Giacomini e di Gian Mario Villalta -
che ha reso il testo un poema
teatrale in versi. «Si tratta di un
testo scritto in una prosa estremamente poetica: la lingua friulana in cui scrive Pasolini, in cui
anche i dialoghi legati agli aspetti più dimessi della vita quotidiana sono musica pura, necessitava di avere, nella trascrizione in
italiano, una resa ugualmente
poetica» racconta Crico, cinquant'anni, originario di Pieris
ma trasferitosi a Tapogliano, vicino a Palmanova.
Un anno di lavoro
Un impegno sulla parola di una dedizione assoluta: «Sono
partito dapprima dal testo friulano e dalla traduzione letterale - prosegue Crico - da lì siamo
partiti per poi analizzare passo
passo tutto il testo, rivedendolo di continuo, assieme ad
Agamben e ai suoi collaboratori Elenio Cicchini e Nicoletta Di
Vita. Importantissimo anche il
confronto con il professor Federico Vicario, dell'Università
di Udine e con Graziella Chiarcossi. Sono state, alla fine, circa
una ventina le redazioni totali
del testo, durante un anno di
intenso ed entusiasmante lavoro». La domanda era, quale italiano utilizzare. «I cori dei Turchi hanno una metrica legata
all'endecasillbo giambico. Perciò abbiamo scelto di usare
una simile durata del verso,
pur sempre libero, che ricordasse un po' la misura dell'endecasillabo per dare questa
idea di musicalità, con soluzioni formali che riprendono le rime interne o distanziate spesso adottate da Pasolini nelle
sue poesie in italiano» prosegue Crico.
Anteprima regionale
Il libro sarà presentato - la
data è ancora in via di definizione - al Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa. La scelta
di Agamben di concentrare tutto questo sforzo editoriale sui
Turcs tal Friul, opera del Pasolini giovane scritta in lingua
friulana, è motivata dal fatto
che «Agamben considera la
produzione friulana di Pier
Paolo Pasolini uno dei vertici
della poesia novecentesca, a livello dei grandi autori di ogni
tempo. In quest'opera in particolare la vena lirica si sposa
con la riflessione teologica filosofica di Pasolini, i cui vi sono
continue riflessioni sulla presenza e assenza di Dio. I temi
della fiducia, della fede, dell'abbandono al volere divino, in
dialogo continuo con l'eresia,
la bestemmia. Sono temi fondamentali per questo poeta. La
stessa riflessione sullo straniero, sulla paura dell'invasore, è
di estrema attualità. I turchi
nel coro sono ragazzi terribili,
omicidi ma presentanti come
giovani bellissimi ornati di
gemme. Lo straniero è, in questo testo, una minaccia terribile ma anche, al tempo stesso,
un oscuro simbolo di misteriosa ricchezza» conclude Crico.