Recensioni / Troppo lontani, troppo vicini – elementi di prossemica virtuale, come stare in quel mondo dal quale non si deve e non si può sfuggire

Ormai non ci facciamo più caso; viviamo il mondo virtuale come se fosse un luogo qualunque, quando invece ha delle sue precise regole, che non rispettiamo perché non le conosciamo, e perché ci dimentichiamo (o forse non ci abbiamo mai pensato) che quella dimensione che tanto ci attrae e alla quale non riusciamo più a fare a meno, prevede una prossemica, ossia la gestione delle distanze entro le quali consumiamo i rapporti (virtuali).
Per lui, Emanuele Fadda, classe 1972, docente di semiotica e linguistica all’Università della Calabria, scrivere questo libro «è stato più una necessità che un dovere» – come lui stesso sostiene.
Fatto sta che questo libro, molto ben scritto, dovremmo leggerlo tutti, con attenzione. Ci aiuterebbe a gestire quella precisa dimensione – che è il mondo virtuale – e i rapporti che da essa derivano; quei rapporti che spesso riescono a trasformarci, a condizionarci, a farci dire e fare cose senza quasi che ce ne si accorga, mentre restiamo vittime (consapevoli) di vicinanze spesso asfissianti, pur stando geograficamente lontani.
Questo libro, non è un manuale … sia chiaro. Non ci sono consigli spiccioli su come fare o non fare, su cosa fare o non fare, su come risolvere alcuni quesiti che forse qualcuno dei lettori si sarà posto mentre naviga in un mare di situazioni che sembrano sempre fare al caso nostro, salvo che nei casi in cui si avverte di essere finiti in una trappola; perché intrappolati sì, lo siamo, in quello spazio ridotto, esposti costantemente allo sguardo e alle azioni altrui.
Troppo lontani, troppo vicini – elementi di prossemica virtuale (è questo il titolo del libro) è un’analisi approfondita di come si trasforma la realtà, quando lo spazio tra noi e gli altri diminuisce e la distanza si annulla. Così accade, per esempio, quando decidiamo di far entrare qualcuno nella nostra sfera privata, intima, senza però avere tutte le armi sensoriali (che abbiamo a disposizione nella vita reale), per poterla gestire quella distanza, dentro situazioni che sembrano semplici, quasi scontate, ma che al contrario, proprio quando sono virtuali, possono avere delle conseguenze che quasi mai teniamo in considerazione.
Il libro mette a disposizione del lettore tutta l’esperienza dello studioso, del semiologo, insieme alla sua diretta esperienza di utente, che quella dimensione sociale e virtuale la abita, la studia e la interpreta, e che allo stesso tempo l’asseconda ma con delle dinamiche precise.
La bravura di chi scrive, sta nell’accompagnare il lettore nelle tre parti del libro: nella prima, Spazi, in cui spiega come i luoghi virtuali, al pari di quelli fisici, necessitano di alcune regole che possano aiutare il fruitore a gestire le diverse distanze, che sono pubbliche, sociali, ma anche personali ed intime; oltre che a gestire gli spazi comuni condivisi che inevitabilmente innescano una qualche minaccia.
Leggere questo libro aiuta a far luce su quei quesiti che di tanto in tanto ci poniamo, ma senza volerle per davvero le eventuali risposte.
E allora se le risposte non le vogliamo (perché è più facile così) perché dovremmo leggerlo questo libro? – direte. Perché al suo interno non ci sono risposte, ma semplicemente un invito ad una riflessione su come si possa stare «alla meno peggio – dice Fadda – in un mondo dal quale non si deve e non si può sfuggire».
L’autore attinge a citazioni, ad altri testi per spiegare alcune dinamiche, e poi spalanca le porte di mondi forse già attraversati, ma tracciando altri percorsi, interessanti e a tratti indispensabili – a mio avviso – per coloro che ancora non hanno compreso quanto stare tutti in uno stesso posto, a fare tutti la stessa cosa, può renderci vulnerabili, manipolabili e senza dubbio, meno indipendenti.
Nel libro si parla dei rischi che si corrono, ma non per come farebbe uno psicologo, un sociologo, un media trainer, ai quali l’autore non si vuole sostituire, non fosse altro perché i rischi di cui si parla sono principalmente quelli di quando si sbaglia la prossemica.
Più siamo, meno distanza c’è tra uno e l’altro.
Una distanza virtuale è asfissiante quanto quella fisica?
Sì, spiega Fadda, anche se non si è fisicamente nello stesso posto, si disegna con la propria presenza una mappa di ciò che l’affollamento costituisce.
Alcune definizioni, in questo libro sono illuminanti, invitano ad entrare in una nuova dimensione, diversa però da quel mondo in cui viviamo ogni giorno, quell’ambiente digitale di cui non conosciamo alcuni anfratti, e non li conosciamo perché ci siamo stati sempre di dentro, da quando si è formato, come se fosse un acquario; nuotiamo, ci spostiamo ma alla fine siamo sempre lì, dove l’identità personale si sbiadisce e il limite tra vita reale e virtuale si fa sempre più sottile.
Leggere questo libro è come uscire da lì dentro, insieme ad una guida che ti spiega cosa si nasconde spesso alla nostra consapevolezza, stanandone alcuni dettagli indispensabili.
Sorvegliamo o siamo solo sorvegliati?
Che cosa ci accade da quando siamo sempre in scena? E cosa accade nei retroscena?
Che vuol dire “metterci la faccia”, nel mondo virtuale?
Sembra facile rispondere a queste domande.
Provateci, e poi leggete il libro; scoprirete che vi conoscete molto meno bene di quanto immaginiate e conoscete alcune dinamiche virtuali, molto meno bene di quanto non ne foste convinti fino a prima di leggerlo, questo libro.
C’è una seconda parte – che ho molto apprezzato – in questa opera, che racconta quanto simili siamo ad alcuni primati e dunque al mondo animale, mentre dimentichiamo alcune norme base dello stare in gruppo, quando non calibriamo nel modo opportuno le distanze nella comunicazione interpersonale, quando siamo maldestri, come se non conoscessimo neanche l’esistenza, di un galateo.
Branchi si intitola questa seconda parte.
Quanto vale ricevere likes?
Cosa comporta in fatto di potere sociale?
Chi sa cos’è il clickbaiting?
Così su due piedi magari non ne sapreste dare una definizione. Neanche io ne sono stata capace prima di erudirmi attraverso le pagine di questo libro. Eppure ci condiziona in una maniera che non immaginereste mai. Ci sono meccanismi che si attivano prima ancora che ce ne rendiamo conto. Ma se li si conosce, forse li si possono ridimensionare… forse, perché forse siamo ancora in tempo.
Quante situazioni risolviamo con il contatto fisico?
Anche i bonobo fanno così.
E come i bonobo nasciamo altruisti ma poi mutiamo, sospendiamo la fiducia generalizzata, impariamo ad essere indifferenti, un po’ anche per difenderci. Eppure restiamo istintivi. E più lo spazio e ridotto e più diventiamo aggressivi, abbiamo reazioni subitanee.
Ma da un semiologo, da un esperto di linguistica, ci si aspetta un finale che abbia un sapore prettamente empirico, una conclusione che si possa mettere in pratica, e che passi attraverso un segno.
Segni, la terza e ultima parte di questo volume, che mette al centro l’essere umano che governa le proprie azione perché parla, e perché in seno alla società, il sé umano nasce.
«Il linguaggio è il nostro campo di battaglia» – dice Fadda. E’ la lingua che costituisce l’immagine e il modello di ogni potere mediatico.
E’ vero, non è un manuale questo, ma insegna un bel po’ di cose. Per esempio a recuperare ragionevolezza e senso del limite, insegna come essere meno elefanti e a muoverci con più leggerezza in una dimensione piena di cose che cadono e che potrebbero finire in frantumi, e non sono oggetti.
E’ un libro che racchiude in se una forza… la stessa che appartiene a chi dell’uso corretto della parola e del linguaggio ne ha fatto uno significativo e raffinato stile di vita.