Già nel 1939 Giorgio
Caproni si chiedeva perché Giulio
Trasanna fosse ancora «nell'ombra». Quell'anno era uscita Annate, la prima raccolta poetica di questo pugile friulano
(1905-1962), cresciuto a
Udine, testimone da bambino dei giorni di Caporetto, divenuto scrittore dopo la scoperta dei libri divorati tra un
ring e l'altro.
Ora, a illuminarne la figura e l'opera, le edizioni Quodlibet pubblicano una nuova
edizione di un suo libro del
1941, Soldati e altre prose (pp. 140, euro 14,00).
Curatore del volume è Riccardo Donati, docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università di Urbino, a testimonianza del fatto
che l'interesse per Trasanna
ha ampiamente valicato l'ambito localistico. Ed è proprio
Donati a spiegarci chi è stato
Giulio Trasanna: «Un poeta-proletario, autodidatta,
un uomo dotato di notevole
carisma e di uno sguardo acuto sulla realtà. Da ragazzo si
procura il pane combattendo sui ring (fu anche campione del Friuli); poi un giorno,
prima di un incontro, si imbatte in Nietzsche: è una folgorazione, e da lì inizia la sua
passione per la cultura, che
significa per lui riscatto sociale, ma anche possibilità di intervento sul mondo. C'è una
sua frase che mi pare emblematica: «Non amare la letteratura, ma servitene per te e
per gli uomini. Da qui la scintilla che farà di lui un instancabile animatore della vita
culturale milanese fra gli anni Trenta e i primi Sessanta».
Oggi il suo ricordo è tenuto vivo soprattutto da Franco
Loi e Aldo Colonnello del Circolo Culturale Menocchio di
Montereale Valcellina. Soldati e altre prose è un libro
sui giorni della Grande Guerra e oltre (copre grosso modo gli anni 1915-1921), centrato soprattutto sul conflitto. In appendice Donati ha
poi raccolto due splendide
prose belliche ambientate
nel '17. Le pagine più notevoli, anche per l'asciutto pathos
che la penna di Trasanna sa
esprimere, sono quelle legate alla fuga delle popolazioni
venete-friulane sotto gli obici austroungarici.
Il valore di Trasanna, intuito per tempo da grandi maestri come Franco Fortini e
Giorgio Caproni, poi ribadito da scrittori autorevoli come Claudio Magris e Franco
Loi, è legato alla sua volontà
di dar voce a quanti la storia
ha ammutolito, lasciato ai
margini. Continua Donati: «I
suoi protagonisti sono le masse contadine e urbane del Veneto e del Friuli, quelle che
patiscono la mancata trasformazione del Paese dopo il Risorgimento, quelle che soffrono in prima persona la
Grande Guerra, quelle che
anche nel Dopoguerra si trovano a stentare (e spesso emigrare). I veneti delusi è il titolo di un libro mai finito, di
cui ci restano solo frammenti, che avrebbe dovuto essere
un grande romanzo corale
sull'Italia dal 1870 al 1922.
Qualcosa che, in effetti, nel
Novecento italiano manca.
Inoltre, per molti aspetti è un
autore anti-moderno : «Soldati presenta temi da letteratura antica (guerre, coltivazioni, lavori), addirittura
pre-classica, biblica. Anche
questo è un dato non comune nella nostra tradizione recente».
Fortissimo il legame di Trasanna con la sua terra d'origine. Egli vive l'esperienza della Grande Guerra in un età assai tenera e da una posizione
geografica drammaticamente centrale, il Friuli. L'amore
per questa terra traspare da
ogni pagina, sia nei tocchi
paesaggistici, sia nel modo
in cui cesella certe immagini
della Udine d'epoca: riuscitissime le pagine dedicate alla
distruzione della zona di
Sant'Osvaldo, il 27 agosto
1917. Spiega Donati: «Il libro ci restituisce immagini di
una città che di lì a poco sarebbe scomparsa per sempre: quella che vive lo scombussolamento di essere "la
capitale della guerra". Sono
pagine vitalissime. C'è poi, in
alcuni capitoli, un affresco
sentito della realtà contadina, colta nella sua rituale ciclicità e celebrata in termini
per molti versi vicini a quelli
di un grande friulano, peraltro ammiratore di Trasanna:
Pier Paolo Pasolini».