Recensioni / Quei quaderni del carcere di Oslo

Si interrogava su Dio, si consolava con l'analisi: l'analisi matematica. Tentò di salvarsi con la scrittura, ma morì prima di finire deportato in un campo di concentramento: Petter Moen, eroe della Resistenza norvegese, nacque nel 1901 e morì a soli 43 anni - fu il suo 8 settembre - sulla Westfalen, naufragata al largo della Danimarca con a bordo 200 soldati tedeschi e 50 prigionieri norvegesi. Dei primi ne sopravvissero 73, dei secondi 5, tra cui un compagno di cella di Moen che ne rivelò il segreto: durante la prigionia alla Møllergata 19, il carcere nazista di Oslo, Petter tenne un diario clandestino (sia leggere sia scrivere erano rigorosamente vietati e quasi impossibili a causa della semioscurità), incidendo con un ferretto della tenda i fogli di carta igienica, poi arrotolati e nascosti in una griglia della presa d'aria nel muro. In totale, tra il 10 febbraio e il 4 settembre del 1944, scrisse quasi un migliaio di pagine, per la prima volta edite in Italia da Quodlibet (in libreria da venerdì), con il titolo di Møllergata 19 , la traduzione di Bruno Berni e la curatela di Maurizio Guerri.
«Ora per esempio ho faticato per giorni con un integrale trigonometrico... Non mi do per vinto. Il Serret-Scheffers (manuale di geometria analitica) in mano e la questione sarebbe stata risolta in cinque minuti»: Moen era di formazione un matematico ma, dopo una parentesi impiegatizia in un'agenzia assicurativa, si dedicò al giornalismo, diventando redattore del «London-Nytt», uno dei tanti giornali clandestini che circolarono nella Norvegia occupata dai nazisti tra il 1940 e il 1945. Proprio durante il «crollo della stampa», l'attacco contro le pubblicazioni illegali, Moen fu arrestato insieme con la moglie Bergliot Gundersen. I fogli clandestini giocarono un ruolo decisivo nella Resistenza: per quest'attività furono arrestate 3-4.000 persone, 212 delle quali morirono poi in carcere, nel lager o furono direttamente giustiziate.