L’antologia edita da Quodlibet propone, con chiaro
ordinamento cronologico, gli scritti compresi tra
1965 e 2015 in cui lo storico e critico d’arte genovese
sviluppa la sua indagine a trecentosessanta
gradi su architettura, design, comunicazione e arti
visive, traguardate non come discipline autonome
ma indagate nelle loro reciproche dissolvenze,
contaminazioni e metamorfosi.
Tale (con)fusione linguistica è registrata attraverso
gli strumenti metodologici, filologici e interpretativi
propri dello storico, che lasciano tuttavia trasparire
la parabola personale e professionale dell’autore,
dalla critica militante degli anni Sessanta e
Settanta («Il design serve il mercato e la società
dei consumi, si prostituisce inevitabilmente alle richieste
della produzione»), al suo attuale ruolo di
playmaker nel sistema internazionale dell’arte.
Il mix delle espressioni contemporanee è riassunto
da Celant attraverso i concetti di osmosi, mescolanza,
crosspollination. In tale scenario, l’architettura
è «caleidoscopio delle arti», incentrata
sull’esteriorità iconica e scenografica dell’involucro
piuttosto che sulla logica spaziale interna, tesa
alla conflittualità e allo scarto formale piuttosto
che alla continuità storica dell’ambiente costruito.
Il focus critico che emerge dal volume è un ampio
spettro di tendenze, formazioni, figure e teorie
chiave nell’ibridazione del linguaggio architettonico:
architetti-visionari che materializzano idee
e progetti attraverso ogni media disponibile (Archizoom,
Superstudio, Gruppo 9999); architettidisegnatori
la cui opera è frutto di una continua
fusione tra costruzione, prodotto industriale, pittura
e fotografia (M. Nizzoli, G. Ponti, E. Sottsass, A.
Rossi); architetti-scultori che fondano il progetto
sulla plasticità dei volumi e sulla marcata autorialità
linguistica (F. O. Ghery, Z. Hadid); architetti-comunicatori
che intendono l’edificio quale veicolo
di istanze identitarie e affidano all’involucro il ruolo
di display (Herzog & de Meuron, OMA); protagonisti
altri del multiforme panorama espressivo internazionale,
definito altrove da Celant artmix.
Gli scritti scelti – tratti da riviste, cataloghi di mostre,
monografie, interviste – risultano particolarmente
preziosi in quanto registrano episodi esemplari
in un orizzonte tematico e cronologico vasto,
interpretati da Celant attraverso «una prospettiva
barocca: quella di cogliere un mondo illusorio
dove le arti sono “mutanti” per costituire un unicum
complesso e inseparabile».